Superficiale

A volte credo che la mia forza risieda tutta lì: nella superficialità. Intendiamoci: una superficialità punto sciatta, menefreghista o ruvida; bensì ponderata, coinvolgente, gaia – per l’appunto. Una superficialità che piglio e spalmo a larghe palettate su tutto quanto mi circonda. E’ che la profondità sovente s’accoppia a pesantezza e didascaliche intenzioni. Perciò ogni volta che ne ho occasione cerco d’essere il più aerea possibile; avere una pelle liscia e scivolosa lungo la quale scorra di tutto così, via come per incanto. Che poi, già, se non s’incrosta nulla sulla pelle, finisce che fluiscono lontano anche i dolori, si diventa una sorta di seta svolazzante e sottile, bella da vedere e toccare e stringere e da cui lasciarsi avvolgere, colorata e fresca com’è: insomma un inutile pezzo di stoffa del tutto superfluo e per questo sommamente necessario. Sì, mi sa che a chi piaccio piaccio per questo: si deve aver la sensazione che io macini fatti e situazioni lasciandomeli dietro con una scrollata di capelli e un barbaglio di ombretto, sempre sorridendo – è ovvio. Si deve pensare che a un certo punto io mi possa alzare da qualsiasi divano, aggiustandomi la gonna, alzando gli occhi e rimanendo comunque serena, limpida. L’impressione che sia facile compiere qualsiasi scelta o imboccare una qualunque strada e rimanere sempre io, così, quella che quando parla ridi perché in effetti fa ridere – non si può proprio negarlo – mentre riduce tutto in ironici superficiali quadretti da appendere in giro. E tutto questo, alla fine, non importa che sia vero o non vero. Importa che così appaia e che così io mi voglia sentire. La superficialità va cercata e rincorsa: elogiata, di certo, riconosciuta come uno degli ultimi baluardi di fronte alle oscenità e alle aggressioni della vita.
Mi raccomando però non lasciatevi ingannare. Tutta la pappardella era per dire che oggi ho trovato addirittura doveroso uscire, infischiarmene di tutto e recarmi in un posto. Puntare l’oggetto più costoso di tutti. Comprarlo. Uscire. Camminare verso casa e barricarmi dietro a un rettangolo di pelle nera, io più impermeabile che mai, superficiale allo spasimo, lievemente a disagio ma senza dirmelo. Soprattutto, senza dirmelo.

Superficialeultima modifica: 2004-10-14T20:50:00+02:00da capecchi
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8 pensieri su “Superficiale

  1. in mezzo a tanto moralismo, direi solo “viva la superficialità “. e tuttavia, a dirla tutta, la tua non è superficialità, ma – come racconti bene tu – percezione (e interesse, attenzione, cura) per nulla superficiale della superficie. (robba)

  2. Si deve pensare che a un certo punto io mi possa alzare da qualsiasi divano, aggiustandomi la gonna, alzando gli occhi e rimanendo comunque serena, limpida. è [quello che vorrei fosse] la mia regola di vita. e le mie scarpe e la mia borsa vinaccia. [sere]

  3. Come regola di vita, in effetti, è sempre opportuno partire da scarpe e borse vinaccia. Ma non scordiamo, vi prego, quel rosa di cui si parlava poco sotto. (Gaia)

  4. io, guarda, quelli che vanno in profondità gli do in mano una borsa e gli dico tanti auguri statemi bene. e anche quelli che mi guardano con aria seriosa scuotendo la testa, gliela prenderei con amore e gliela farei girare tutta su se stessa la testa, giocondamente. perché la superficialità prima che un piacere è un dovere e mica tutti sono buoni. Bisogna esserci portati per stare fuori. Un po’ svagati, un po’ bislacchi, un po’ poeti. Bisogna avere una riserva di sguardi laterali per comprendere tutta la superficie. E una buona dose di coraggio per restare fuori, senza sentirsi emarginati. Si fa presto a dire superficiale. A camminare sopra, sulle acque, e senza affondare, solo uno c’è riuscito. Ma era avvantaggiato. Bisogna averci le palle per capire la profondità e guardarla da fuori, con distacco. E quando ti guarda con aria di rimprovero la profondità, farle una bella risata in faccia, uno sberleffo superficiale, così, senza rancore. (ciccio) (ho scritto un sacco di corbellerie ma, si sa, sono un superficiale)

  5. Quel tipo di superficialità di cui parli è un dono averla al giorno d’oggi. Beato chi ce l’ha. Una come me per qnto si sforzi, non potrà mai esser una seta svolazzante, bensì una spessa coperta in lana tenuta a luglio nel letto.

  6. che bellezza. l’avrei chiamata leggerezza, non superficialità, ma ci siamo capiti. o meglio, vorrei tanto aver capito, e mettere in pratica.

  7. Infatti, Miic, è una leggera superficialità; o una superficiale leggerezza. Passa sopra a tutto. E’ necessaria. (Gaia)

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