Pioggia e Francia

 

Strasburgo


Prima sosta: il profondo nord con odore di concime e autogrill. Poi verso la Svizzera. Sole. Lago. Neve sulle montagne. Bellezza rarefatta, ferma, pulita e dunque sfuggente. Quasi sgradevole. Del resto, con i suoi bagni chimici e i bar nascosti, la Svizzera è decisamente un posto assurdo. E molto freddo. Dove le cascate hanno nomi impronunciabili e camminare sul lungofiume appare l’unica cosa da non fare, nel pomeriggio che si fa tiepido; e lento. Fortuna che c’è l’autobus, ancora. Così si può dormire ascoltando Billie Holiday. Le ore sono lunghissime. Fuori c’è parecchio grigio, colori che non conosco. Mi sveglio, mangio un panino, guardo, parlo poco e penso. La sera arriva e lo zampettìo nei corridoi dell’albergo consumato dal tempo è un conforto e una musica gradita, buona. La notte invece è un lenzuolo bianco e fresco, la buonanotte detta per telefono, una coperta spessa che copre tutto ed è già mattino. Il mattino di un viaggio in autobus bellissimo, ascoltando solo Paolo Conte, dormendo un po’, riaprendo gli occhi, spaziando nella campagna piatta e marrone e verde. I canali si riempiono d’acqua, le cicogne si fermano improvvise sulle zolle, poi il sole gli arcobaleni i tetti spioventi e “tutto intorno è pioggia, pioggia, pioggia e Francia”. Dietro, invece, lei gli dorme sulla spalla e lui mi guarda e sorride: è felice.

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(Paolo Conte, Parigi. Canzone per quando fuori piove e fuori c’è una Francia qualunque e un albergo, in fondo, che ci aspetta)

 

L’insalatiera di vetro del Parlamento ha, sopra, nuvole spazzate da un vento forte ma bello, che ci spinge e sospinge lungo il fiume, sollevando capelli e cappelli – la bambine che camminano all’indietro e ridono; con un sole che c’è e scalda il necessario e lucida tutto quanto compresi gli alberi di fiori bianchi e rosa sulla riva.
Strasburgo poi è bellissima. Così bella da cancellare la rabbia di un pranzo quasi rubato, in una periferia scrostata e triste, precaria. Noi stranieri fra stranieri, a ingurgitare cheeseburger e pizze appassite. Strasburgo è bellissima nei suoi canali e nel legno e in tutto quel freddo vento sole pioggia vento freddo. I ragazzi son sempre loro, meno male, sgangherati e belli in qualunque momento, il che rende tutto affrontabile, sensato. Persino la notte col ciccione dallo sguardo vitreo che bussa bussa bussa alla mia porta e parla e blatera e disturba e dice qualcosa che non so, non voglio.
Mulhouse. Fuori dall'albergo
La mattina è sempre l’ora più attesa, perché trascorsa lì seduta da sola a guardare la strada e ascoltare la stessa musica, gli stessi alberghi, gli stessi amori. C’è però da seppellirsi sotto terra per qualche ora, percorrere cunicoli e cripte di muffa e poi risalir fuori e di nuovo la pioggia, la baguette mangiata sull’autobus, il viaggio indietro verso la città. Riprendersi Strasburgo ma più piano, a un ritmo comprensibile, mangiare gelati, respirare. Intanto che arriva la novità della sera: in albergo una gita di quinta liceo per smuovere facili nostalgie. E poi perdersi nel centro di Mulhouse, che forse a nessuno è mai successo in tutta la vita, ma in una notte così a noi invece succede e camminiamo come portati dall’asfalto e dal buio.

L’ultima mattina si parte con in testa una specie di ritornello misterioso – Brisgovia Brisgovia Brisgovia. E Friburgo è là nel mezzo schiacciata sotto la foresta nera, gelida e vitale, piena di persone, di case, di panini con strani wurstel pigiati dentro. E’ la Germania , quella, e si addenta voraci stringendosi nei cappotti.
Quando si risale in autobus si dorme a lungo, la musica che asseconda i sogni e il bisogno di coprirsi con della lana calda che diventa più deciso. A Milano c’è coda, mentre la tv manda le immagini di Pearl Harbor e qualcuno piange. La pizza per diciassette mangiata sui gradoni di cemento è buonissima, così tutta riempita di mozzarella, unta, gocciolante. E il ritorno a casa nella notte è un po’ irreale; è soprattutto gioioso ma triste, come tutti i ritorni a casa dalle gite che abbiano avuto un qualche valore.

Pioggia e Franciaultima modifica: 2008-03-16T17:55:00+01:00da capecchi
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7 pensieri su “Pioggia e Francia

  1. Vi pensavo mentre ero intenta a tener testa agli ennesimi ormai stancanti e noiosi attacchi. Ma il parlamento dell’Unione com’è dentro?

  2. Mah… nulla di speciale dentro! Tutto bianco e blu. Ovale. Noi guardavamo tutto dall’alto…
    Certo che potevano lasciarci stare lì almeno per la torta. Ci hanno cacciato appena prima che arrivasse…!!!
    Crudeli.
    Io tanti auguri non ce lo canto. sgrunt.

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