Scaglia di mare grezzo

Forse allora quello che ho sempre creduto odore di tiglio era il pitosporo? Che ce n’erano a grappoli, mucchi, gomitoli, laggiù a San Vincenzo. E ad ogni ora del giorno e della notte si sentiva, t’aggrediva il naso mentre camminavi lungo il muro scrostato accanto al mare oppure quando mangiavi la schiacciata di mattino presto sulla terrazza bianca davanti a una lastra immobile d’azzurro e di luce. Può darsi sia ancora più bella stavolta, questa scaglia di mare grezzo.
La Nina ride molto, fa la matta, grida in piscina e ha capelli così folli che è un peccato pettinare.
E poi ti senti così ricca; e piena. Sono giorni grondanti di qualcosa e tutto pulsa parecchio. Il cellulare è sempre caldo perchè c’è da mostrare l’assoluta inconsistenza di alcuni esseri umani, il loro squallore e l’idiozia e la grettezza nascoste dietro a facce buone. Dietro a bla bla bla offensivi da psicologia venduta un tanto al chilo su qualche piazza di mercato.
Ma stare lì seduta sulla spiaggia, cataste di alghe spezzate e secche fra te e l’acqua, ciottoli levigati da lanciare, bambini e vecchi, aquiloni altissimi, imprendibili. Stare lì a guardare il morbido tremolìo, la piega del cappello troppo largo, le strisce bianche nel cielo. Il lento scorrere delle cose intorno. Realtà e immaginazione. Stare lì e sentire che la propria parte di esistenza non è in fondo così sbagliata.
Che bello era camminare con l’infradito rosse nelle stradine ombrose per cercare una chiesa, un affresco, un pittore. Che bello era non sentirsi sola e accogliere la notte e il giorno come una mandorla da sgusciare. Che belle quelle facce; gente ruvida, poco sentimentale, scavata dalla salsedine, bruciata dal sole e dagli incontri. Gente che chiede poco e sfila rapida lungo un muro, dietro un angolo. Ma c’è. Che bello era respirare, parlare, ascoltare, guardare, ricordare.
Del resto il proprio modo di essere felici deve avere molto a che fare, per te, con le sensazioni date da posti così: il tempo che va via e si sente, l’agro in gola delle vite imperfette, il cielo che cola giù a picco e non ti riesce di fermarlo che è già diventato un altro; la Nina che chiede in giro, con occhi vivi e lucidi: “Bambino, hai visto la luna?”. E nessuno le dice mai di sì.

Scaglia di mare grezzoultima modifica: 2008-05-05T23:14:26+02:00da capecchi
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6 pensieri su “Scaglia di mare grezzo

  1. anche pupo quando cantava il profumo dei fiori di tiglio credeva che il gelato al cioccolato fosse davvero un gelato al cioccolato…mi sa che ancora non l’ha capito fra l’altro…

    chissà poi se la luna che intende lei è la stessa che intendiamo noi
    che fra l’altro guardiamo sempre troppo poco

  2. La luna che intende lei credo sia la nostra. C’è di mezzo la complicata storia di un furto ad opera di piccioni malefici ma la luna è proprio la stessa che guardiamo (poco) noi.

  3. L’odore di tiglio continua a non essermi chiaro. Dovremo fare una passeggiata di ricognizione non lontano da casa mia in via dei Tigli, strada recente che dovrebbe rimandare ad un fitonimo presente in zona e degli alberi ci sono. Boh. Controlleremo.
    Tigli a parte, la schiacciata maremmana sulla sdraio in riva al mare sotto l’ombrellone con l’asciugamano addosso e i capelli ancora bagnati per i tre-quattro-cinque bagni è uno dei ricordi più belli e concreti della mia infanzia. Di quella schiacciata percepisco ancora la consistenza sotto i denti, la croccantezza, il sapore mischiato all’odore del mare. Mi ricordo persino le briciole sull’asciugamano.

  4. La Nina che ferma i bambini e chiede loro se hanno visto la luna è una scena che, se puoi, devi registrarmi. E’ imperdibile. Non la vedo da troppo tempo.

  5. Eh eh. A me invece non è chiaro cos’è un fitonimo ma la ricognizione la facciamo, appena torno a Pistoia.
    La Nina e la luna, già. Eheheheheheh.

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