Quando suonavo Besame mucho insegnavo ad Anzola e facevo le prove con un gruppo dalla composizione quanto mai improbabile. C’erano addirittura un violino e un oboe. E io mi divertivo tanto, che il violinista era sempre fuori e invece l’oboe e il sassofono filavano via che era una meraviglia e il pianista non era un vero pianista però ci provava e allora dovevi fargli sentire come s’improvvisa. Peccato solo che le mani sul piano tu non sapessi metterle, anche se l’assolo da suonare stava tutto lì, nella tua testa.
Comunque insomma quando suonavo Besame mucho con il sassofono era bello e, come ogni volta con il sax fra le mani, mi sentivo così radicata con i piedi al globo terrestre, così ancorata alla natura, così vibrante, così sporca. Già, il sassofono è uno strumento che non ti lascia le mani e la bocca puliti. L’ancia poi sa di te e l’odore che ti sale su per il naso è completamente riconoscibile ed è fatto di voi due insieme. Ma unico. E le mani poi sanno di ottone e di saliva perché le chiavi si aprono, si chiudono, veloci, appiccicose, umide come sono. E’ uno strumento dentro cui respiri, che stringi a te, che pesa, che c’è.
Non so davvero cosa diavolo ho nella testa a non suonarlo quasi mai, a lasciarlo lì, incattivito e offeso dentro la custodia. Non lo so. Ma dovrò pure, in qualche modo, farmi perdonare. Perché quando suonavo Besame mucho forse venivano fuori delle armonie un po’ sghembe e delle note storte, va bene. Ma era così pazzescamente bello stare lì sul palco, soffiare là dentro e indossare una gonna nera con le rose rosse.
piacere di conoscerti. facciamo link amici?
sì. dovrai. ma basterà stare di nuovo là, a suonar le note umide, e poi lo sai. non c’è mica niente, da (farti) perdonare.
dovrò dovrò. ma il mio sassofono è più severo di te. e non so se mi perdona. diciamo che mi ci vorrà un bel po’ di tempo a riconquistarlo.
tu conquisti, necessariamente. il sassofono non potrà fare eccezione.
eheheheheh. non conosci la crudeltà sottile del mio maledetto sassofono. ma grazie.
Sei grande! E prendilo sto sassofono, insalivati, appiccicati, annusati.
( e poi, il clarinetto è lo stesso, no?)
Rodolfo, sì, infatti, devo. Accidenti a me. Comunque son poco grande, che lo lascio lì da solo a patire, poverino.
Una delle diecimila cosa da fare non appena saremo libere. Io ovviamente non mi darò al sax.
Eheheheheh. Puoi sempre darti al tamburello. Una volta ci sapevi fare.
besame mucho io la conosco. la strillavo nelle orecchie ai miei amici che allora si divertivano a strusciarsi fra di loro con le mani a forma di danza, il mento sollevato e lo sguardo serio. io la strimpellavo con la chitarra e cantavo. e qualche volta l’ho fatto pure dietro piazza navona.
quando ti decidi ci si trova. io mi rimetto in pace con la chitarra (che per altro in pace con me non è mai stata veramente visto come la suonavo), tu col sax e via. besame mucho vita!
Non so cosa si prova a sentire la prof che suona il suo amato sax appiccicoso ma mi hanno detto che è quanto meno entusiasmante. La volta che lo ha portato a scuola per suonarcelo io non c’ero… che peccato! è un’esperienza fondamentale che mi son persa. Peccato peccato peccato.
Un abbraccio.
Esibizione speciale per Roberta e Marina, allora. Un qualche pezzettone natalizio ci starebbe proprio bene.