Prima di Natale

Mi stupisco che al negozio di dischi mi consiglino tutta musica che ho già. Allora vuol dire che ne ascolto davvero tanta; che ne conosco tanta. Che ci vivo dentro.
Mi piace che da Calzedonia mi facciano lo sconto perché compro calze a vagonate intere. Mi piace la collana lunga con gli angeli che m’ha regalato per Natale Federico, alla fine dell’ultima frase di latino. E mi riempie di qualcosa di indistinto il fatto che le commesse dei negozi scambino con me due parole sul loro Natale rubato; cogliere dentro quegli occhi della tristezza spessa, amara.
Odio quando l’omino del parcheggio mi dice incattivito: “E’ inutile che suoni il clacson tanto noi siamo qui” mentre invece io il clacson non l’ho proprio suonato e sgrano gli occhi ferita – ché mi feriscono anche le parole degli sconosciuti.
Mi piace scoprire le case delle persone e accorgermi, sempre, che quelle con cui ho un legame hanno – tutte – tane simili alla mia: caotiche, piene, oggetti sparsi in giro, giocattoli, libri, pane, briciole, odori, dolci, film, dischi, buste affrancate da spedire.
Odio le donne con le sopracciglia sottili e l’espressione dura. E anche quelle che hanno sempre una pinza per capelli che spunta da qualche parte, come se non fosse offensivo girare per le strade con le pinze per capelli in testa.
Mi rattrista avere scoperto che Fabrica non esiste più. Prima tutte quelle cose pazze e strane, dentro, come borse di stoffa per computer, quaderni di tutti i tipi, scatole di latta e inutilità fondamentali; adesso invece l’ennesimo squallido negozio di borse e scarpe.
Mi piacciono le interviste telefoniche, stare lì a rispondere e rendermi conto di aver risposto 7 al super domandone finale: che punteggio darebbe, da 1 a 10, alla sua vita in generale? E sapere di aver risposto 7 perché mi vergognavo a dire 8.
Trovo normale far sentire la mia presenza. Poche cose: un come stai? Oppure un: mi manchi. Un biglietto di Natale. Un abbraccio. Un fiocco rosso annodato con cura intorno a un regalo da nulla. Trovo anormale non farlo. Il bene si coltiva, va curato, nutrito, fatto respirare. Se no secca e ci si sente malissimo, dopo, per aver lasciato morire tutto. Ma ormai è tardi.
Amo il mio albero di Natale e quel paio di decorazioni nuove che compro ogni anno: piccoli angeli di stoffa, trenini di legno o cuori a quadretti bianchi e rossi. Questo disco di Bollani che pensavo non mi piacesse e invece son qui che l’ascolto e mi ci dondolo dentro.
E soprattutto la Nina che quando torna dall’asilo si addormenta sotto la plastica trasparente del passeggino, in mezzo alla pioggia lieve della città, serena, la bocca sporca di cioccolata, in mano il sacchettino blu che le ha portato Babbo Natale.  

http://capecchi.myblog.it/media/01/01/1770325295.mp3

(Stefano Bollani, Valsa brasileira, in Carioca. Musica prima di Natale)

Prima di Nataleultima modifica: 2008-12-15T19:27:00+01:00da capecchi
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6 pensieri su “Prima di Natale

  1. Beh. Secondo me non era nè un “quadretto” nè tantomeno “simpatico”. Però boh, se a te è sembrato questo, va bene lo stesso.

  2. è bello vedere che qualcuno riesce ancora ad apprezzare l’aria pre-natalizia. Compere, alberi, parole, musica… Io non ci riesco più è tanto che mi sento un Grinch. Proprio non ce la faccio.

  3. Cara Marina, per me il Natale, e il mese di dicembre in genere, è meglio di una qualsiasi cura ricostituente. E’ sempre stato così. Non ho mai perso questi giorni – anche adesso che per la maledetta grammatica son sempre qui a lavorare, Natale è comunque vivo e pulsante. Non so perchè, ma è così. E poi a dicembre è nata la Giulia. Anche questo conta tanto.

    Ti abbraccio e spero che tu non ti senta un Grinch entro breve…magari per quando ci daranno i risultati di Dante!

  4. verrai anche da me, vero, a vedere la lotta tra disordine naturale e bisogno d’ordine esteriore per tenere a bada il caos mentale?

    c troverai dischi e film e libri e riviste e carte e buste e giocattoli (e senza l’alibi dei bimbi). tutto un po’ impilato. ma presente.

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