Note da Perugia. 1/ Gabriele Mirabassi e il dialetto carioca

 

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Il teatro Morlacchi alle cinque di pomeriggio è perfetto. Ti rifugi lì dal sole, inspiri il velluto rosso delle poltrone, fingi una notte che ancora deve venire. Sul palco ci sono tre sedie vuote e tutti i fotografi impazzano là sotto perché guarda che incredibile luce batte lassù, aspetta ne faccio un’altra. Poi arriva Gabriele Mirabassi e suona. No, piglia il clarinetto e fa accadere di tutto. Lula Galvao e Guinga suonano le chitarre seduti e anche lui dovrebbe perché la sedia è lì, sotto di lui. Ma invece macchè, non ce la fa. Prima si alza un po’. Poi si rimette giù. Poi di nuovo su, tutto in piedi. Muove la gamba sinistra, salta, più volte sbatte contro la sedia, per poco non la scaraventa a terra. Salta ancora, ondeggia, ride, sorride, ride molto, chiude gli occhi, respira dentro quel miracoloso tubo nero e argento. Lo fa cantare. Lo fa piangere, lo fa gloglottare. Ci balla intorno. Soffia il Brasile là dentro e ci mescola il jazz. E Galvao e Guinga insieme, a suonare il suburbio di Rio, la malinconia, l’allegria, la tristezza, la fatica, il sudore e l’amore; sempre seduti. Soprattutto Lula che quando non suona sembra una statua immota, grigia, lontanissima, indecifrabile. Mirabassi si tuffa giù giù per le strade di vento e sole, scalzo, pazzo, lieve. Abbraccia il suo clarinetto e s’insinua lesto fra samba e baiao, azzarda un choro. Ride ancora. Raschia il didentro dello strumento e ne fa uscire seta. Lo maltratta e gli vuole bene. Strappa il legno in un assolo lunghissimo, rovente eppure dolce, estenuato. Il pubblico esplode, si spella le mani e non sa più se si trova al chiuso d’un teatro o nel mezzo delle strade di Rio, nel caldo pazzo dell’estate. Lo senti il mare? Annusa la sabbia, respira e guarda quella ragazza laggiù come balla: non siamo forse a Ipanema? E’ tutta una serenata, è tutta una poesia. E’ tutto un rimanere in bilico fra il pianto e il riso, fra il brivido e l’applauso. Ti viene da gridare ma anche da cantare. Mentre Mirabassi soffia il Brasile là dentro e ci mescola il jazz. E Galvao e Guinga dietro, le chitarre attaccate al corpo. Un dialetto carioca che ti sembra d’acciuffare proprio quando è già passato.


http://capecchi.myblog.it/media/02/02/134749021.mp3

(Gabriele Mirabassi – Guinga, Rasgando seda, in Graffiando vento. Musica in dialetto carioca)

Note da Perugia. 1/ Gabriele Mirabassi e il dialetto cariocaultima modifica: 2009-07-20T16:02:42+02:00da capecchi
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4 pensieri su “Note da Perugia. 1/ Gabriele Mirabassi e il dialetto carioca

  1. Oh, grazie. A me riesce scriverne solo così. Nel senso che ignoro parecchi dettagli tecnici e allora mi butto su tutto il resto.

  2. Bello il teatro Morlacchi. E’ quello che ricordo anch’io, vero? Avvolgente anche ti ci rifugi poco prima che esploda il classico temporale estivo.

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