L’apoliticità della musica

Devo proprio dirlo: per me, che la musica è parte fondamentale e integrante della mia vita, per me che non è sottofondo e basta, per me che la amo visceralmente (ma non tutta, affatto), ecco, per me la musica è del tutto apolitica. Così, per me, deve e può solo essere. Quelli che “la musica unisce, la musica salva, la musica come coscienza, la musica e l’etica, la musica e le guerre, la musica e l’ingiustizia, lamusicalamusicalamusicablabla bla” io proprio non li capisco. Lo scrivo in timido contrasto con un post di Polaroid che riporta – e condivide – un commento sulla musica che non si riesce a separare dalla politica. Quando la musica non si separa dalla politica, io la prendo e la butto. Non so se sia giusto o sbagliato ma, per me, è così. Devo anche riflettere se sia come pane e cioccolata – altrettanto riportato nel post. All’inizio stavo per scrivere di sì, poi ci ho ripensato e credo invece che no. Ma devo ancora capire perché. Ci penserò.

L’apoliticità della musicaultima modifica: 2003-08-22T16:55:00+02:00da capecchi
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8 pensieri su “L’apoliticità della musica

  1. senti, se ti avanza un pò di tempo: non è che tante le volte avresti voglia di scappare insieme a me da tutto e da tutti, giurarci amore eterno e disperato davanti ad un falò sulla spiaggia e fare tonnellate di bambini appassionati di jazz (magari trombettisti)? 🙂

  2. ma perché le trombe (e lungi da me qualsiasi allusione sessuale e/o tossicologico – adolescenziale, sebbene non disdegni né la prima categoria né, in passato, ho sputato sopra alla seconda) che t’hanno fatto? e mo prenditi ‘st’aneddoto:

    beccai tempo fa, nel ridotto del teatro comunale della mia città, un concerto di enrico rava. nella sala, oltre al sottoscritto, un’infinità di personaggi travestiti da posti vuoti stava per assistere alla sua esibizione. ed eccolo che arriva: intravedo enrico rava il trombettista da una porticina di servizio. ai miei occhi si materializza praticamente un pirata. capello grigio e ribelle, sulle spalle piccole, e sempre sulle spalle un fagottino che faceva immaginare la presenza del di lui divin strumento. prima di salire in scena, lo vedo parlare con gli organizzatori della serata, i movimenti forse incasinati dall’alcol.
    in effetti, il nostro eroe, al suo ingresso, inizia a pestare le tavole del “ridotto” in maniera abbastanza confusa. sì, insomma, barcollava cazzo!
    al centro della scena un microfono e lui che c’infila il padiglione della tromba tutt’attorno.
    il concerto inizia… e dopo circa 30 secondi l’enrico si era già scassato i maroni del microfono, sentenziando: “posso fare anche senza, tanto mi sentite ugualmente”.
    aveva ragione. il calore e le tante note che di lui hanno fatto un maestro escono da quel tubo storto d’ottone con la sensualità ed il dolce sudore di un amplesso. nei passaggi più veloci poi, incontri un vecchio amico. ne rispondi al richiamo e parli dei tempi che furono.
    in platea non tutti accolsero come avevo fatto io la sua esibizione. sticaxxi, ero innamorato. un paio d’anni più tardi (e qualche dischetto in più alle spalle) acquistai una tromba. i primi tempi avevo addirittura paura di baciarne il bocchino (anche qui, qualsiasi allusione alla sfera sessuale – pecoreccia è puramente casuale): semplicemente, rimanevo a fissarla. passò altro tempo e capii che, in effetti, avevo tra le mani qualcosa di sacro e violento. “non puoi”, dissi fra me.
    fui costretto a darla via per non esserne violentato. riuscii a vendere la tromba ad un amico che dopo una settimana ci ruttava dentro “sammertime”.
    la storia fra me e quello straordinario pezzo di latta si poteva dire definitivamente conclusa…

    beh, gaia, qual è a questo punto la morale della storia di cui sopra? la tromba e la mia proposta di matrimonio non c’entrano… la (strampalata e prestestuosa) morale, semmai ve ne sia una e debba essere per forza trovata, è forse che la musica è vita. e sudore. lacrime. vino. o per i più sofisticati, fragole e champagne.
    prendere uno strumeto in mano è un atto d’amore e di responsabilità: le note che prenderanno vita da quel coso dovranno parlare di te. dei tuoi sogni. di una poesia che ti ha commosso, di un sogno che hai fatto, e – questo soprattutto per quanto riguarda il blues – di bollette da pagare e di belle fiche che per una vita hai immaginato o solo sfiorato.
    la musica può parlare anche di soprusi, di (hai citato guccini. a proposito: ma hai mai sentito “l’avvelanata “?) ideali, di falci, martelli e “morette che son schiave tra le schiave”.
    non esiste brutta musica, esistono solo cattivi musicisti ed orchi cattivi che compilano classifiche di vendita e si trombano (stavolta il senso è quello) le lollipop.
    ciao

  3. Eh, Gaia, se per qualche capriccio della sorte escono pianisti, che facciamo? Li alleviamo lo stesso malgrado la mancanza di Sonny Rollins in erba? [Ja]

  4. Parlando di pianisti, Danilo Rea dovrebbe suonare in solo domani a Paestum, qualche kilometro più in là. Sarebbe la volta buona per andare a sentirlo, ma sono in partenza dalle vacanze e l’ho saputo solo un paio d’orette fa. Vediamo che scopro domani. Altrimenti, alla prossima. [Ja, non più placido e vacanziero]

  5. Kitteram: l’aneddoto su Rava l’ho apprezzato assai, ma davvero. Qualsiasi anedotto su musicisti jazz qui è ben accolto e anzi anelato. E Rava è proprio così, un po’ pirata. Comunque: il riferimento ai sassofonisti, invero, era motivato soltanto dal fatto che il sassofono è il mio strumento. Che aspetta disperato e solo in una custodia sagomata, abbandonato per terra perchè da troppo non lo suono. Su lacrime sangue e fiche, per carità. Ma su Guccini no, non transigo. Seppure alcune canzoni siano state per me molto importanti – e indubbiamente belle – lui è detestabile. Io lo trovo mediocre e spocchioso. Un finto maestro. Che abbia scritto l’Avvelenata (certo che la conosco, come tutte le sue canzoni) in realtà m’importa assai poco. Poi: non esiste musica brutta, dici. A parte che non sono esattamente d’accordo. Comunque: esiste la musica che non mi piace e questo è. Giao K. E grazie dell’intervent o. A presto.

  6. Ja: intanto ben arrivato, che non ti si vedeva da un po’. Poi facciamo così: se escono musicisti di qualsiasi risma, va comunque bene. Poi, sai, ricordiamoci che il padre potrebbe anche essere quel certo pianista che sappiamo. Infine, peccato per Rea. Mi raccomando, però, se ti capita da altre parti, non te lo perdere. Nonostante con i Doctor 3 sia il massimo del ruffiano lui è, secondo me, eccezionale. Buon rientro e buon ripresa del blog. Ciao Ja.

  7. hello Gaia, non trovando la tua mail ti lascio un messaggio qui. Volevo solo dirti che ho cercato di rispondere al tuo commento sul post di Arturo su Polaroid 🙂 @ presto, ebi.

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