Le stanze di Gaia

Trash trendy easy chic etno grunge street style soft comfort rave effect

Siccome sono in ritardo furioso con le consegne della grammatica, mi è sembrato giusto dedicare il mio tempo al sito di Urban outfitters. Del resto è uno dei posti in cui mi sento meglio, quando mi trovo in America. Ed è un negozio, sì, che volete farci. Mi piace quel suo ammassare insieme abiti e accessori per la casa, colori e stoffe varie contro interni in mattone grezzo, ciondoli di plastica e biancheria frou-frou sotto lampade in lamiera. C’è di tutto. L’intero vocabolario da rivista femminile patinata pare essersi buttato a capofitto là dentro. Potrei dire che ci sono capi a scelta fra: trash e trendy, easy chic e country western, etno grunge e minimal look, street style e rave effect, soft comfort e glamour design. Rimescolate il tutto, anche unendo a caso street con chic, etno con glamour, minimal con trash e andrà bene lo stesso. Insomma, di che sbizzarrirsi.
Sono entrata per la prima volta da Urban quell’estate a Burlington, Vermont, guidata dalla rossa tinta di Anna, assistente del direttore nonché studentessa alla New York University, modaiola quanto basta e conoscitrice del posto migliore in cui mangiarsi bagel con crema al salmone. Poi ci sono tornata in quel luogo dai colori irreali che è Miami beach, comprando degli occhialetti di poco prezzo rossi e squadratini, che porto ancora e giudico uno dei miei pezzi migliori. Tappa obbligatoria l’Urban di New York, zona West village, tipo: ti lasci alle spalle il Blue Note, giri a destra e lo trovi – o forse era a sinistra. Ma l’esperienza migliore è stata senza dubbio a San Francisco. Avevamo un albergo in Geary street. Prendevi giù, a destra, un paio d’incroci, e te lo trovavi lì, su tre piani e arruffone come sempre è. Comunque. Un pomeriggio, di rientro da un’abbronzatura clamorosa presa a Sausalito insieme ai gamberi in umido, decido di fermarmi un momento da Urban, da sola, prima di salire in camera. Visto che “è a due passi” e visto che “se no poi ti annoi”. Forse erano le sei. Entro e guardo, tocco le stoffe, sbircio i cartellini dei prezzi, arraffo, stringo fra le mani, accarezzo, accumulo e porto in cabina, provo, esco, riaccumulo, riprovo, e poi guarda questa maglia in svendita, ma no forse è meglio la gonna, però dio l’anticipo invernale, il maglioncino verde di mohair, la felpina con le lettere, ed entra, esci, smista, spogliati. Una vera orgia di sensi all’erta: perché devi annusar bene gli odori, se vuoi scegliere il capo giusto; devi toccarlo come seconda cardatura. E intorno gli occhi si devono riempire, debordare, di tutto ciò che puoi, e insieme le orecchie ascoltare la musica in sottofondo mista agli americanismi biascicati e se insomma quella borsetta lì si potesse anche addentare tu lo faresti, per sentirne la consistenza esatta sotto la tua lingua. Insomma, alla fine te ne esci soddisfatta. E hai pure due sottobicchieri fantastici di piccole sferette in vetro colorato – ne vai molto fiera. Rientri in camera. Appoggi i sacchetti. Non trovi nessuno. Sul letto, due biglietti. Il primo: “Ore 19.30: sono sceso a cercarti”. Il secondo: “Ore 20.20: vado a cercare aiuto”.
Il resto della serata non è trascorso troppo lietamente.

Trash trendy easy chic etno grunge street style soft comfort rave effectultima modifica: 2003-09-24T19:00:00+02:00da
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