Un Capodanno a Monaco

Fuochi su Marienplatz
Monaco è proprio bella. Per giunta s’è presa il mio mal di schiena, l’ha sciolto e sparso a manciate di neve su tetti e strade della città. E’ bella, se non fosse per quella faccenda dell’acqua che nessuno ha mai sul tavolo e tutti infatti bevono solo birra che – si sa – eccezionale il primo sorso, buono il secondo, tollerabile il terzo; ma già dal quarto: schifo. Comunque. Monaco è proprio bella. E lo capisci subito, fin da quando arrivi in macchina verso sera e percorri Rosenheimer strasse e poi finisci da qualche parte lungo l’Isar, con i palazzi alti e perfetti a fare da corridoio fin troppo maestoso ai tuoi incerti primi passi bavaresi. Monaco è bella perché quando cammini per le vie di un Zentrum più o meno simile a qualsiasi altro zentrum, magari dietro l’angolo t’imbatti in birrerie dove la gente s’accalca fuori e dentro, vestita d’abiti bavaresi per davvero e gote rosse e spesso, certo, baffi. Ti siedi e scopri d’avere accanto a te facce come t’immagini potessero avere certi musicisti di molto tempo fa e comprendi la retorica del tuo pensiero eppure è così: ti volti e vedi tutta la famiglia Strauss al completo, che beve birra di quella torbida mentre tu provi a tirar su con la cannuccia un latte macchiato che da quelle parti va parecchio. E’ bella, sì, Monaco, perché alla gente nei ristoranti non gliene frega nulla del Capodanno. Va lì, tipo allo Spatenhaus an der Oper, e semplicemente mangia; e poi forse esce alle dieci oppure alle dieci arriva, indossando improbabili camicette di strass dorati o assumendo pose da filosofo, con pantalone massiccio e corto sopra la caviglia, sigaretta in mano e sguardo perso nel vuoto del 2003 agli sgoccioli.

Le palle di Monaco La storia delle palle, poi, ti ha affascinato. Tutti mangiano queste grandi o piccole palle di patate, assolutamente insapori, affogate nel brodo oppure asciutte, insieme allo spanferkel, che poi sarebbe una specie di porchetta (ma tra lo spanferkel con palla e il maialino in crosta dell’Anzuini di Pistoia ce ne corre, eh, se ce ne corre). Insomma tutti calmi e vestiti d’altri tempi a mangiare le loro palle e poi però perdono la testa coi botti intorno a mezzanotte in Marienplatz, affumicata e luccicante al volgere del 2004. Monaco è anche bella nel freddo di metà mattina con la neve che ti si ghiaccia addosso mentre addenti in Viktualienmarkt l’agognato weisswurst, una specie di salsiccia bianca che a volte affogano anche in un’acqua bollente e ti servono così, galleggiante e repellente alla vista, eppur buona se è un primo dell’anno gelido nella zona universitaria che si rianima a tratti e con lentezza.

Artbop all’Unterfahrt
Poi c’è musica, a Monaco. Molta musica. Orchestre suonano dappertutto e tu ne scegli una da turistoni – accorgendoti poi che di turistoni nemmeno l’ombra – così puoi sfasciarti dalle risate perché la Radio-Symphonieorchester Wien ti regala una Marcia di Radetzki posticipata al 3 di gennaio, nel bel mezzo di quell’incredibile struttura del Gasteig, con le caramelle per la tosse disseminate fuori da ogni settore del teatro. Ma il jazz proprio non te l’aspettavi. Invece trovi questo posto in Einsteinstrasse, dove uno spilungone storto e brutto che si chiama Michael Lutzeier e suona il sassofono baritono capeggia una signora sezione di fiati composta di trombone, tromba e lui medesimo. E allora un classico bop vecchia maniera scivola via rapido e quasi americano fra le mura di mattoni sotto Max Weber platz. Già, Monaco è bella davvero: infatti t’è piaciuto quell’alzar la testa a leggere in che diavolo di via ti trovavi e scoprire lassù, nella neve anche loro, Goethe, Strauss, Beethoven o Mozart, così, tranquilli, all’angolo fra una piazza e una strada. Come a farti riacchiappare qualcosa che avevi perso perché mai vissuto. Una cosa stupida come un nome; epperò stava lì, a dire tutto quello che abbisognava.
Era un Capodanno a Monaco; fra il 2003 e il 2004.

Un Capodanno a Monacoultima modifica: 2004-01-05T15:50:00+01:00da capecchi
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7 pensieri su “Un Capodanno a Monaco

  1. Cioè, praticamente quelle “palle” sarebbero i knodel. E mò m’hai ricordato l’esistenza della schweinebraten con gli knodel. Ma.. ma, anche se non proprio tipici della zona, impazzivo per i pretzel e i brezeli alla vaniglia. La mia Germania toccata e fuga: un giugno che a Milano si impazziva di caldo e là pareva volesse nevicare. Su me coi calzoncini e le maniche corte alla maglietta: mai avuto tanto freddo!

  2. Buon anno anche a lei Capecchi. Com’è che si chiama quel pane tedesco che sembra un salatino gigante?(Gaia M.)

  3. Bretzel, il salatino gigante. Sulla baviera non dico nulla, per conflitto d’interessi. Però grazie, per la tua bella cronaca – al

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