Quando il buffo si slabbra

Pirandello. L’ho preso e rivoltato in ogni sua pagina. Dev’essere per quella faccenda dell’umorismo. Ci ha scritto un saggio intero, nel 1908. Ha spiegato per bene che cos’è. Per intendersi: la bella signora elegante che inciampa e batte una musata in terra è il comico. La vecchia imbellettata che si dipinge e s’infiocchetta perché ha un marito giovane e indifferente di cui vorrebbe riprendersi l’amore è l’umoristico.
Il comico m’interessa poco, si ride facile e aperto. Ma io rido già facile e aperto da me, non ho bisogno di andarmelo a cercare fra le pagine scritte. L’umoristico, invece. Eh, sarà per quella crosta di patetico e di doloroso che c’è dentro e che ti piglia allo stomaco. Rido, sì, ma a denti stretti. Direi che è piuttosto un ghigno, un brillìo di denti che si scoprono di sotto il labbro, una risata uscita a forza e con riflessione. Quando il buffo si slabbra e lascia intravedere cosa c’è sotto: questo m’interessa. La stortura oscena del reale nel grottesco. Lo sfaccettarsi della superficie apparentemente comica in prismi di possibili verità. Ed è davvero impressionante quanto, guardandosi in giro e anche molto vicino, l’umorismo sia ovunque. Come se certi avessero in faccia dei mascheroni con la piega della bocca orrendamente fissa, l’occhio spalancato, immoto, spaventoso. Mi piace osservarli, succhiare la patetica disperata sostanza delle loro ridicole vite. Ridere, appunto. Ma provando un’affettuosa pena. E’ bello, questo, e fa sentire vivi. Si chiama umorismo, ed è tutto qui.

Quando il buffo si slabbraultima modifica: 2004-11-02T13:35:00+01:00da capecchi
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7 pensieri su “Quando il buffo si slabbra

  1. se la capacità di cogliere l’umorismo nelle situazioni è sempre più rara, abbonda invece una imposta gratuita ironia, che se non apprezzi sei fuori. l’aveva spiegato bene qualche settimana fa milton:
    http://www.milt on.splinder.com/ post/3201737
    (robba)

  2. Con tutto il rispetto, ma letta così è come se ti turbasse qualcosa. Mi sfugge l’ironia, oppure il messaggio è volutamente criptato, metaforico, quasi più amaro delle maschere di cui parli. Buona serata Capecchi

  3. Si capisce che non ne fai, ma ne parli. Il tono semmai è agrodolce, più agro che dolce e se vogliamo esagerare sarcastico, verticale. Altro genere ancora. C’è molto materiale su cui riflettere, nemmeno mi spiace sentirmi punta dal tuo post (anche se credo/spero/son o certa: di niente). Per colpirne uno a volte se ne ammazzano cento. Tuttavia ognuno teme o prova pena per molte cose, persone e atteggiamenti, e ne scrive. Chi bene come te, chi bene o male. Sulle maschere non mi soffermerei più di tanto. Quella del buffone, per quanto spregevole, irritante o discutibile è innocua. Sono altro, le maschere.

  4. Che strano, Fabula. Chissà perchè ti ha colpito così questo scritto. Che non pungeva te, in alcun modo. (Gaia)

  5. Gaia, ho fortuna di sentirmi perno solo dei miei affetti, pertanto non è necessario essere destinatari di un messaggio per lasciarsi coinvolgere da un argomento. Sarebbe più triste se mi fermassi alle seconde righe dei tuoi post, non credi? Sento un po’ di frizione con ciò che hai scritto, tutto qua… ‘notte prof.

  6. Fab, oh, ultimamente devo spiegarmi male. Non ti dicevo mica di fermarti al secondo rigo. Tutti sono destinatari di ciò che scrivo, è ovvio. Mi colpiva soltanto che, dopo molto tempo, questo post in particolare avesse suscitato il tuo interesse diretto. E poi perchè ti sentivo in qualche modo – acc, non trovo l’aggettivo giusto – irritata / ferita / coinvolta, insomma non so. C’era qualcosa. Comunque ti abbraccio; e bentornata, ecco. (Gaia)

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