Fuga


Oggi ho fatto una fuga strategica e perfetta. Ma zitti, zitti, perché se no finisce che mi ritirano la patente per insegnare. Oggi, dicevo, ero d’improvviso una sedicenne che approfitta della ricreazione per non tornare a scuola. Infatti, dopo un’oretta di un convegno di fondamentale rilievo per il mio futuro professionale, ossia “Le lavagne multimediali nella didattica”, ho preso la mia borsa e il mio sacchettino H&M e sono fuggita. Era una magnifica giornata di sole. Il Palazzo Re Enzo si stagliava nitido e rosso contro un cielo come solo i cieli di maggio possono essere, perché maggio è il mese più bello dell’anno e io lo adoro e adoro esserci nata dentro. Insomma sono scappata e fuori era tutto uno sfrangiarsi di studenti nullafacenti sdraiati sui gradini e ragazzini che si tiravano l’acqua e gente in evidente pausa caffè da sempre. Comunque io mi sono rintanata da Benetton, a comprare salopette e magliette a righe per la Nina e a considerare se e quanto la mia assenza sarebbe stata importante per qualcuno. Il caffè me lo son poi presa anch’io e quando sono uscita dal bar maggio era ancora lì, che mi regalava questo inconsueto pomeriggio in piazza Maggiore. Mentre poi tornavo a piedi verso casa, soddisfatta di me stessa e della mia decisione eversiva, ho incontrato due bimbe che avevo in prima a Bazzano, due anni fa. Belline e sorridenti, limpide, m’abbracciavano e mi dicevano che stasera a teatro ci sarebbero state anche loro. Perché già, stasera son tornata a teatro. Recitavano i bazzanesi e io avevo indosso scarpe diverse da lunedì ma una gonna forse più bella. Tutto sembrava sereno e allegro finché sul palco non è apparso lui: un ragazzino smilzo, undici anni – penso –, vestito di un body nero. Sulla musica di Meravigliosa creatura il ragazzino ha cominciato a ballare, da solo. Ma proprio ballare da ballerina, con le piroette, sulle punte, con le scarpette rosa e i nastri di raso. La gente aveva il fiato sospeso, era incredula. Qualcuno, tipo le due con le teste fresche di parrucchiera accanto a me, soffocavano risatine. Lui ballava e ballava sul palco, con la testa alta, le punte dritte, le caviglie tese: una ballerina impeccabile e pirandelliana. Si potevano sentire i respiri di tutti fermi trattenuti immobili sui loro capi, in attesa almeno dell’applauso per poter scaricare l’assurdo stato di tensione in cui erano precipitati. Io, per quanto mi riguarda, avevo come un coltello piantato nella gola e stringevo  fra le mani un senso forte di disperazione.

Fugaultima modifica: 2007-05-18T00:20:00+02:00da capecchi
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