Le stanze di Gaia

Ovunque e comunque


Che il matrimonio dell’Annarosa sarebbe stato un evento di portata eccezionale lo si sapeva da tempo. Ma piangere così appena entrava in chiesa, e lacrimarle in faccia di rimando a lei che lacrimava sporcandosi tutta di trucco mentre Stefano le stringeva forte la mano e sorrideva, io proprio non me l’aspettavo.
Era un meraviglioso pomeriggio di sole pistoiese e di scarpe argento nuove, che rilucevano nel sole abbagliando chiunque le guardasse. Il vestito di seta a piccole fantasie blu si è rivelato perfetto, soprattutto abbinato alla gonna pantalone grigia della Nina, in pennellini con tre capelli ciascuno e maglietta a righe bianche e grigie.
La pancia di cinque mesi della Simona, la mia mamma che correva incontro alla gente, la Depa portata dal vento e odiosa come il solito, l’homo novus Giovanni che veniva fotografato di nascosto e, soprattutto, il fotografo al nostro tavolo che era quello da cui abbiamo portato a sviluppare le foto nei complicati nostri trascorsi tradoadolescenziali, beh, tutto questo dava il senso rassicurante del tempo che scorre ma non scorre. Un tempo che puoi prendere e fermare in un’immagine memorabile. Senza che ti scappi di mano come sempre fa.
Il gusto dolce e agro di memoria ritrovata si è mantenuto intatto fra i denti per tutta la serata e l’unico rammarico è stato non leggere quella cosa sulla casa di campagna dove si giocava da piccine e dove si è fatto, mangiato, detto di tutto. Quella casa isolata dal mondo, alta, enorme e fresca,  che sembrava perduta e invece poi hanno preso, sistemato, ridipinto e adesso è pronta per altri bambini e altre domeniche d’agosto.
Accade così, in un matrimonio. Che insomma alla fine scopri che ci sono queste amicizie. Quelle lì che non fanno più parte della tua vita attuale, perché intanto si è cambiati, diventati diversi, a tratti inconciliabili l’uno con l’altro, fin quasi sconosciuti, diremmo. Quelle amicizie lontane nel tempo, che sembra non ci siano più, puf, sparite. Quelle che hai perso mentre ti davi da fare ad essere molto lontana da come pensavi di essere – da come loro pensano tu sia. Ecco, quelle amicizie che ritrovi un giorno e invece ti accorgi che non se ne sono mai andate, che se ne stanno lì, in fondo in fondo, chiuse dentro, a fare insieme bene e male, a dirti che resteranno per sempre, abbarbicate in qualche anfratto del tuo corpo mutato, ovunque e comunque.

Ovunque e comunqueultima modifica: 2007-05-20T20:47:30+02:00da
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