Ma ora cos’è questa tenerezza che mi piglia? Sarà l’alba che incede. Sarà Bill Carrothers. Sarà il pensiero del piccolo Maniscalco alla batteria, domani. Sarà che il furore, a me, quanto dura: dieci minuti, un’ora, due? Sia come sia, un languore mi sciaguatta – insolito per questi giorni. Incline al perdono di me stessa e dell’umanità tutta (quasi tutta), mi dondolo sulla sedia seguendo le dita sul piano: e sì, allora era proprio Bill Carrothers, dunque appena il disco finisce, finisce pure la tenerezza lunare, è ovvio. Allora vi conviene approfittare, che adesso sono un pugno di debolezze e potrei sciogliermi come niente, se solo uno sapesse dirmi anche solo un “come stai?”; ma di quelli detti bene.
(Bill Carrothers, Stars fell on Alabama, da I love Paris )
ascoltando questo brano disegnerei:
Club. Luci rosse. Scuro. Basse su tavolini tondi.
Un tizio improbabile al piano. La sigaretta fumante riposa nel posacenere.
Seduta con un drink che non ricordi più cosa sia.
Mi avvicino.
Interrompi densi i pensieri.
Alzi lo sguardo.
“come stai…”
sono nate
http://ilgrandevuoto.blogspot.com/2007/07/benvenute.html
Meglio, grazie. Credo che quello nel bicchiere sia un residuo del Brunello di ieri sera.
ansimando si aggira il problema di ciò che l’altrui si aspetta
pensando a se come fonte di presenza
impermeabile
alla vita o alla morte che l’altrui ci dà
il dispensatore delle aspettative s’inceppa
ad ogni forzatura
ad ogni rabbia
non consentendoci di vivere a priori
rispetto alla aspettativa
che si incancrenisccono
in una delusione rancorosa
verso l’altrui
che ignaro di tutto questo
non immagina
…ogni volta… che qualcuno… si preoccupa per me… (blasco)
come stai?, love francesco
Francesco, esatto, era una cosa tipo quella del vecchio Blasco. Ma anche le parole che hai scritto sopra sul “dispensatore delle aspettative”. Insomma ora sto bene, grazie.