Donoratico


Donoratico è il posto della mia adolescenza. Quello dove ho cominciato a scrivere letterine d’amore e bere estathè il pomeriggio dopo il bagno. Quello dove c’era ancora la nonna che la mattina per colazione mi faceva trovare due bomboloni sul tavolo perché uno, chissà, magari non mi bastava. Poi uscivo e fuori c’erano Dino, Federico, Picchio, Gianni, la Laura , Tonno e naturalmente l’Annarosa. E gli ultimi due anni Giuseppieri dal ciuffo nero e lucido, che mi portava sulla bicicletta, dietro, arroccata in piedi a caracollare in mezzo alle strade deserte piene di pini e pitosfori; oppure la sera sulle sdraio davanti ai Ginepri, mentre dal piano bar arrivava “A mezzanotte saiiii, che io ti penseròòòòò, ovunque tu saraiiiii, sei miaaaaaaa”. Donoratico è un posto dove sono stata bene, dove ho passato degli anni da ragazzetta poco scapestrata eppure felice, sdraiata sotto l’ombrellone delle due a dare i voti al fisico di questo e quello solo per sentirsi dire qual era il proprio; nascosta nel bar Magenta a fare le telefonate a Saverio, che rideva, da casa; a fare giri e giri nel trenino del Cavallino matto, con la pancia che s’avvoltolava per l’emozione. In un posto così mi piacerebbe che potesse passare tante estati la Nina. Dunque anche quest’anno ci siamo tornati. Non so se per lei diventerà quello che è stato per me. E’ presto, per dirlo. Però lei sembrava tanto felice e rideva parecchio e correva tanto, anche. Ha pure conosciuto Uca [Luca], l’ultima sera, detto anche e semplicemente Bimbo. Ogni tanto lo chiama ancora, invocandolo dal nulla in mezzo a un discorso qualsiasi: “Uca Uca Uca, Bimbo”. Che animo sciocco e buffamente romantico che ha; proprio come quello della madre.

Donoraticoultima modifica: 2007-08-07T12:30:00+02:00da capecchi
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2 pensieri su “Donoratico

  1. La mia Donoratico è Bibbona di Cecina. Non dimenticherò mai la bontà del rettangolo di schiacciata (la vera schiacciata toscana) dopo il bagno, quella schiacciata masticata con un livello di lentezza che soltanto io potevo raggiungere e che è rimasta proverbiale nella mia famiglia. Lì, sotto l’ombrellone, accucciata nella mia sdraio con l’asciugamano con la bandiera americana confederata, con la mia schiacciata brandita a due mani, guardavo il mondo come se proprio non vi appartenessi. Tutti che chiacchieravano a più non posso, che si sdavano per carpire le simpatie del vicino d’ombrellone, tutti concentrati sulle onde, sulle conchiglie e sui castelli di sabbia e io lì, soddisfatta e contenta, appena appena pregustante il bagno nella piscina del campeggio, mentre la mamma e la zia si sarebbero affaccendate intorno ai fornelli.

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