Le stanze di Gaia

Tanti auguri a te


La macchina corre veloce. La Stefania è contenta perché dice che il taxi la rilassa. La notte, là fuori, pare una noce da schiacciare e far scrocchiare sotto i denti. Nel teatro rosso suonano due vecchi ottuagenari dall’età musicale apparente di venti-ventuno anni. La Stefania ride, si diverte. Io la guardo, rido anch’io, mi accascio sulla poltrona rossa, le gambe avvolte negli stivali di camoscio rosso, allungate stanche perse sul tappeto rosso. Il batterista gira il palco come un folletto, tenendo in mano le bacchette e brandendole verso il pubblico. Il sassofonista che appare alla fine pare morto senza saperlo; zoppica, risulta sfasato, s’incanala in un trio che suonava a ritmi sospesi e contrappuntati portando tutti da un’altra parte, claudicante. La Stefania guarda il ciuffo del contrabbassista francese che sembra Alessandro Preziosi e mi stupisce apprezzando le fattezze del microfonista rasta che io non avrei guardato nemmeno costretta a. Poi si sciama fuori e un’altra macchina agguanta noi e la mia sciarpa rossa. La notte là fuori non è più una noce ma un cuba libre da bere tutto in un fiato, con la gola che raschia e i rospi dentro che bruciano. Il locale dove ci seppelliamo ha le pareti rosse e il gruppo dentro suona canzoni che conosco bene perché le ho suonate tanto anch’io, almeno una vita fa. C’è caldo, l’umore è vago e indistinto e tutto sembra come una specie di bomba dentro a un palazzo di cristallo. Pronto a esplodere. A casa si torna a piedi, nel freddo che sferza la faccia, i capelli, il vestito rosso, le parole sbriciolate. Ci si sente felici. Ci si sente. I tacchi fanno tic tic sotto i portici e a casa giunge l’ora di festeggiare il compleanno, cantando una canzone semplice che fa “Tanti auguri a te, tanti auguri a te”.  

 

Tanti auguri a teultima modifica: 2007-11-18T18:25:15+01:00da
Reposta per primo quest’articolo