Le stanze di Gaia

Tanto freddo e tanto caldo

Era tanto freddo, là in mezzo alla Montagnola. E si affondava con i piedi nel fango, con la faccia nel vento, con gli occhi fra i rami neri. Tutto si sovrapponeva in figure geometricamente imperfette, voci distorte, trucco colato. Ma c’erano quei sorrisi gettati ovunque; c’erano quelle mani fredde, che stringevano nodi e spettinavano capelli. Era un incastrarsi di fiati fumosi che salivano su, su, nel cielo che non si vedeva ma c’era.
Era poi anche tanto caldo, là dentro casa tutti seduti pigiati sul divano rosso; oppure in bilico su panchetti e terrazzi tremuli. Le scie di calore si spostavano in modo fluido, nel pomeriggio che lento si sfaceva in sera, mentre le luci della Montagnola viste dalla finestra e quelle dentro le stanze, buone, facevano da sfondo a grappoli di altri sorrisi che si appendevano dappertutto, per poi staccarsi e rotolare in giro, sotto il tavolo di cucina o dietro la porta dello studio, fra i resti di patatine e la spazzatura caduta per terra perché ci si era scordati che il sacchetto nero era tagliato sul fondo.
Era tanto freddo e tanto caldo e tanto bello ma niente adesso sembra davvero accaduto; come se non riuscisse di tenerlo fra le dita o di crederlo vero. E’ l’equilibrio rotondo delle giornate perfette, che da qualunque parte le giri trovi un bagliore, un senso, un odore nuovo. Ma intanto son già scivolate più in là; così lontano e così in fretta che finisci per smarrirle, guardarti le mani e dire: “Beh?”.
Poi riordini e sposti sedie, giocattoli, libri. Ti aggiri vagamente vuota fra pupazzi di Topolino e palline fatte di spago. E’ allora che trovi quel bicchiere di carta giallo abbandonato sulla libreria del soggiorno. Lo prendi. Dentro c’è ancora dell’acqua. La bevi. E ha un sapore ferroso. Reale. Di qualcosa che sotto i denti esiste.

Tanto freddo e tanto caldoultima modifica: 2008-02-10T23:21:39+01:00da
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