Vicini e pieni di senso

Il piazzale della scuola apparecchia di nuovo le margherite. Io appoggio gli stivali marroni sui sassi spezzati che circondano le aiuole e intanto sto lì al telefono. C’è un sole vago nel cielo; o forse me lo immagino e basta. Intanto aspetto. La voce di là dal filo è gentile e paziente. Poi dice: “A Bologna…vedo solo l’Istituto comprensivo numero… 6”. Io la pausa fra Istituto comprensivo e 6 me la ricorderò per parecchio tempo. “Grazie, grazie, arrivederci, grazie”. Chiudo il telefono. Poi tutto si sfrangia, esplode. Un’altra chiamata. Ho il fiato grosso, rido, parlo scomposta. Rido. Mi sa che ho il tono di voce un po’ troppo alto. Poi apro la porta a vetri e mica riesco a trattenermi dal correre. E infatti corro, corro, corro. Nell’atrio, su per le scale e poi per il corridoio. Mi fermo davanti alla porta dell’aula e fuori c’è attaccata la locandina del nostro film. Venticinque facce una accanto all’altra che sorridono. Non ho più fiato, ho la gola che si spezza, ma busso, entro, devo avere un’espressione assurda. Ma certo che ce l’ho, un’espressione assurda. Devo tremare anche, probabilmente. La prof di francese e la lettrice spalancano gli occhi. I ragazzi mi guardano e sorridono incerti: chissà la matta ora cosa ha combinato, che solo ieri stavano per arrestarla. Poi glielo dico. Poi corro fra i banchi ad abbracciarli tutti, a uno a uno. Urliamo tutti, ridiamo tutti. Qualcuno ha gli occhi lucidi. Qualcun altro non ha capito. Le due prof ferme dietro la cattedra. Sembrano congelate. Sembrano da un’altra parte. Io stringo, mi butto fra sedie e banchi, abbraccio. Sento caldo, gioia, passione, bene. Ma questo non basta ancora, perché dobbiamo fare una telefonata insieme. Cosi lo chiamiamo, per dirgli grazie. Allora sì che l’aula sembra cadere su se stessa, il cellulare passa di mano in mano, mi sfilano davanti le facce accaldate dei ragazzini che gridano di felicità, chi piano, chi forte, chi in modo strano, chi buffo. E’ tutto veloce e caldissimo e pazzesco. E’ molto più che aver vinto, è incredibile che ci sentiamo tutti così: vicini e pieni di senso. Un senso che abbiamo costruito insieme, a volte anche con molta fatica. Certo con molto tempo e cura. Tutto ruota e gira e le voci si avvitano e intorno non so se c’è qualcuno, perché in quel momento non esistono le pareti, il pavimento, il soffitto, gli altri professori, nulla. Non esistono ventitrè alunni ma un unico enorme aggrovigliato meraviglioso bozzolo di sorrisi e braccia che si tengono su. Questo, qualunque cosa accada poi, nessuno ce lo porterà mai via. Mai.

Allora grazie per tutto questo.

A Momo, Maria Teresa, Giollo, Michael, Cate, Ceci, Lu, Giuggi, Enri, Carlottina, Andrew la bestia, Francesco, Marchino, Ale, Ire, Silvietta, Johnny Paulus III, Dado Rock, Marina, Vitto, Oleg, Chiarina, Gianmaria e Gianni.  

Vicini e pieni di sensoultima modifica: 2008-04-12T19:30:00+02:00da capecchi
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4 pensieri su “Vicini e pieni di senso

  1. Solo un enorme grande sorriso e lacrime di gioia.
    E la mamma che chiede se Bill è morto di overdose, ma io rispondo “no! altro che morte… è proprio vita!”
    Mai. Non lo scorderemo mai.

  2. Quell'”enorme aggrovigliato meraviglioso bozzolo di sorrisi e braccia che si tengono su” si percepiva già in quel caldo pomeriggio di registrazione a casa della Prof. Certo che non lo scorderete mai.

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