Le stanze di Gaia

Scorza ruvida

Ogni tanto c’è un alunno che mi sfrangia il cuore. Non c’è un esatto perché. Magari è qualcosa che mi dice o come mi guarda o il modo in cui sta seduto sulla sedia. Accade che questo alunno se ne stia lì, in classe, e sprigioni qualcosa, non so bene cosa, perché ogni volta cambia anche se, sempre, ha parecchio a che fare con il dolore. Comunque anche quest’anno ce n’è uno. Non è tanto alto, ha i capelli biondi e spessi, una specie di nido arruffato, e un viso sempre serio, gli occhi bassi. Mi guarda di sotto in su, ma mi guarda, sempre. E’ al primo banco e anch’io lo guardo sempre, perché ci capiamo al volo, non so come sia possibile ma è così: io dico una cosa, una mezza frase, un sibilo, un’alzata di ciglia e lui se ne accorge. Ha questi occhi chiarissimi, luminosi, e quando sorride io sono felice. Parla piano perché forse si vergogna. Certo all’inizio era a disagio, imbruttito di rabbia e delusione: fa la terza per la seconda volta, perché l’ha combinata davvero grossa, l’anno scorso, e una volta mentre uscivamo da scuola mi ha raccontato cosa. Lui comunque ride se dico un’idiozia. Ma ride senza volume, incurvandosi nelle spalle, rintanandosi dentro quelle felpe grosse che ha. Poi si fa interrogare e prende buono oppure 7 e mi dice “Non ho mai preso questi voti. Stamani in musica ho preso 9 e son stato l’unico”. Infatti ama il pianoforte. Ma finge di no. Quando il pianista della classe a ricreazione si siede al piano a suonicchia, lui va sempre lì e prova a mettere le dita pure lui. Ma anche si fa guidare la mano da una compagna e suonano insieme così, la mano di lui dentro quella di lei. Però se ti avvicini e gli chiedi: “Ti piace il pianoforte?” lui ti dice “No no”. Ma tu invece lo sai che lo ama e vorrebbe di sicuro imparare a suonarlo bene e magari un giorno lo farà. Questo alunno non è che studi tanto. Però sta attento in classe, mi sorveglia e se non ci fosse io mi sentirei molto sola, quest’anno, perduta in mezzo all’enorme parco pieno di foglie, sotto quelle finestrone oblique dove scorre l’acqua, in quelle aule così buie e invernali, anche quando fuori c’è il sole. Quest’alunno ha una scorza ruvida addosso che non so da dove arrivi ma so che c’è. E a me viene di sgrattargliela via, proteggerlo, stringerlo forte, cullarlo e poi dirgli: “Andrà tutto bene, sai?”.

 

Scorza ruvidaultima modifica: 2008-10-29T14:14:26+01:00da
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