Le stanze di Gaia

Questo novembre

“Ora ti faccio vedere io come si stritola una prof”, dice sotto la sua testa di riccioli rotondi. E mi prende e mi stritola davvero, sollevandomi un po’. Ma anche gli altri abbracciano e stringono. Io non lo so perché, ma gli adulti non abbracciano così. C’è sempre quella rigidità, quell’incastro che non torna, quel vetro in mezzo. Invece con loro no; io me li piglio e mi lascio prendere. Tocco capelli, bacio guance e li guardo. Son diventati più alti e più belli. Ma i sorrisi sono gli stessi. La sera è umida, l’asfalto è bagnato; e luccica. Brilla di notte e di questo novembre che sta per spuntare. Io cammino nel buio su strade note, percorse tante volte lo scorso anno. Cammino, ascolto Capossela che parla del modo in cui si deve amare, di giornate perfette e di perdite. Non è freddo. Respiro le gocciole come fossero altro fiato; fiato in più da serbare nel petto. Guardo in su verso l’aula da cui ho guardato giù tante volte. Dove ho urlato, riso, spiegato, amato, pianto. Un’aula che era mia e ora non lo è più, anche se un po’ lo resterà sempre. Le foglie non scricchiolano sotto gli stivali da motociclista, ma anzi bagnate così sono un nastro di tepore e memorie. Ho una sciarpa rossa, ma è nuova e più adatta a questa stagione dove il freddo vero stenta ad arrivare, facendosi solo intuire dietro a qualche ombrello. La città brulica di streghe, di ghigni distorti, di urla. Ma io non ho paura perché non sono sola. E adesso me ne accorgo.

Questo novembreultima modifica: 2008-11-01T11:20:00+01:00da
Reposta per primo quest’articolo