Le stanze di Gaia

Central park


Io ho il mio personale Central park. Lo percorro ogni giorno di mattina presto e poi più tardi, verso l’ora di pranzo. E la luce cambia, le foglie scricchiolano o sguisciano, il vecchio dai capelli bianchi è sempre lì che le spazza via dal marciapiede verso il prato. Buongiorno – gli dico. Buongiorno – risponde. Questo parco è bello ad ogni ora, quando gli zaini colorati dei ragazzini ne spezzano l’uniforme acquerello autunnale. Oppure quando non c’è nessuno, ma filtra il sole tra i rami; o anche piove forte. C’è sempre qualche cane che corre raspando per terra, tra gli alberi, e mamme con bambini dentro i passeggini.  All’inizio tutto mi era estraneo: i viottoli sotto i rami, le panchine nell’erba, il cielo lassù dietro le foglie. Adesso invece mi guardo intorno e sento l’autunno. Sento questo caldo insolito, che sembra non finire mai. Un certo tiepido fluire del sangue, che riprende a circolare piano sotto i polsi. Così cammino nel mio piccolo Central park. Penso che dopo tutto ho ancora sogni, desideri. Alcuni ricordi. Qualche felicità. Pochi amici ma di quelli veri; tutti lontani, sparsi per il mondo. Che ti fanno sentire che ci sono ma mancano, sempre, perché con nessuno di loro puoi uscire e ripararti sotto lo stesso ombrello o prendere uno stupido qualunque alcolico in un’osteria sotto i portici o almeno mangiarti una crescentina dal Rosso. Sono amici di quegli amici di cui le parole contano, di cui un abbraccio è davvero come lo vuoi. Amici che vuoi che restino oltre il tempo e le distanze. Lì, sempre lì. Al tuo fianco in ogni momento, dentro lo stesso frusciare di foglie di un parco nascosto dietro le case appena fuori dalla città.

 

 

(Billie Holiday, Autumn in New York. Canzone per camminare fra le foglie e non sentire le distanze)

Central parkultima modifica: 2008-11-09T21:25:00+01:00da
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