Le stanze di Gaia

Le lasagne del Ministero

Ho mangiato le lasagne del Ministero e ho capito che Roma mi appartiene.
Prendere il treno e partire con i miei due amati alunni, salire le tante scale e farsi premiare è stato bello. Ma ancor più bello era stare lì e sentirsi parte di qualcosa di profondo, che non si sa bene come definire o di cosa è fatto, ma c’è, lo senti, lo addenti insieme alle pizzette un po’ rancide, puoi stringerlo fra le mani come il bicchiere di carta seduti sulle scale imponenti e fredde. E Roma è una pazza girandola di colori e temperature. Il cielo grigio, plumbeo; poi celeste, spazzato dalle nubi; poi lingue di pioggia; poi il sole caldo, l’afa che sale su dal sampietrino, l’afa che il sampietrino ti respira addosso e che riconosci. Tutto quel vento che alzava sottane e noi due, bambine uguali, a tenersi giù con la mano lembi casuali di stoffa. Tutto quel senso di attesa condivisa, che dava valore a ogni cosa, persino all’autobus pieno o all’ennesima monetina lanciata. Una giornata a ridere con La Profe, a incrociare il bolognese e il fiorentino, a esser gli ultimi a lasciare le vellutate stanze dove tutti ormai se n’erano andati e noi invece no, ancora lì a fare le foto sceme sotto la scritta “Il Ministro”. Io che poi mica l’ho detto ai ragazzi, che quando tornavo indietro avevo un bel po’ di magone e chi lo sa perché avrei pianto volentieri, anche se invece non l’ho fatto e son stata brava e ho solo inviato un paio di messaggi.
Per una settimana intera ho tenuto questa manciata di ore a balenarmi in mente, a riscaldarmi la punta giù in fondo del cuore. Sentivo di non trovare parole, sapevo di non averne di giuste. Infatti anche adesso lo so, lo so che ho scritto niente, che ho detto nulla. Il bene che resta è difficile da dire. Ma alla fine quello che importa è che c’è.

Le lasagne del Ministeroultima modifica: 2009-04-27T15:41:00+02:00da
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