Sette vite

Quando, venti minuti alle otto, io arrivo a scuola, ho già vissuto sette vite. Ho camminato nell’afa imprevista e troppo umida del binario uno; la stazione buia, i barboni accartocciati sotto le coperte e contro i muri. Ho trovato il treno chiuso e cercato di liberarmi del tipo che non si sa cosa diavolo abbia in testa per importunarmi alle cinque e mezzo del mattino: “Bella ragazza, dove vai? Vuoi chiacchierare?”. Ho preso l’acqua alla macchinetta e viaggiato per un’ora guardando fuori. Dove fuori nella prima mezzora è il nulla compatto, nella seconda sono montagne, alberi, fiumi, case sparse, piccole stazioni vuote. Alle sei e mezzo ho ormai finito di mangiare una spiga del mulino bianco mentre il mio estathè si accartoccia su se stesso. Ho allungato le gambe e sbadigliato nel vagone deserto, ascoltando Sondre Lerche oppure battendo forte gli anfibi per terra su Sexy mother fucker. Ho sorriso fra me almeno una volta. Bestemmiato mentalmente tre. Dato allo schermo del cellulare un numero indefinito di occhiate. Non sono ancora le sette, eppure io ho già sudato, starnutito, controllato l’agenda. Visto un airone immobile su un sasso di fiume. Poi sono scesa a Silla e mi son lasciata colpire dal freddo e dall’acqua, tanta acqua. E ho guidato. Su su su per una strada vuota che non finisce più e soprattutto sembra quella di Jack Torrance, se non fosse per il fagiano che starnazza all’angolo di un prato e la faina (forse) che attraversa lesta la strada. Ho tenuto sempre bene aperti gli occhi, attenta a non sbattere contro qualche cervo. Ho ascoltato la radio che mandava Tiziano Ferro, Lucio Dalla e qualche cretinetta che canta non so che. Poi ho fermato la macchina nel parcheggio; il cimitero alle spalle e il parco giochi davanti. Sono scesa. Sono sola. Piove, ancora. Cielo gonfio di nubi e di chiome d’albero. Ho camminato fino all’ingresso della scuola dove l’unica bidella mi apre la porta.
Ecco. Quando io venti minuti alle otto arrivo, potrei già voltare le spalle e tornare a casa: di sicuro ho già vissuto abbastanza.

Sette viteultima modifica: 2009-09-16T16:59:04+02:00da capecchi
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12 pensieri su “Sette vite

  1. Perché avesse senso alzarsi alle cinque ed aver vissuto sette vite venti alle otto, minimo bisognerebbe trovarsi a New York o a Londra. In quel caso però le sette vite includerebbero almeno la discesa in metro, un caffè da Starbucks. E potrebbe anche piovere.

  2. Mai come in questi giorni ho pensato a quanto è bella – comunque, anche in mezzo al traffico e alle eresie inevitabili – la pioggia in città. C’è sempre una libreria in cui rintanarsi, un caffè da bere in un baretto accogliente, un qualunque abito da provare.

  3. Largen: non so se sia da invidiare. Io lo baratterei volentieri con uno scorcio di città incazzata alle otto del mattino, pieno di smog, clacson e odore di fritto. Ma capisco che è un mio punto di vista deviato. p.s. Non passavi da parecchio, eh.

  4. ciao Gaia, passo sempre, mi piace quello che scrivi solo che non commento. comunque possiamo metterci d’accordo e fare a cambio. che te ne pare roma alle 8,00/8,30? diciamo a 2 passi da san pietro, inclusa la metro, turisti, romani già incazzati ecc ecc? io ci sto.

  5. era compresa anche la colazione nel mio bar preferito, spero tu ne abbia approfittato. raccontami come è andata 🙂

  6. Quello che vedi attraverso le tue sette vite (come quelle dei gatti?) dovrebbe avere un certo fascino ma visto attraverso gli occhi di una che ama fin dentro alle viscere la vita metropolitana probabilmente è un incubo… non riesci proprio a trovare un lato positivo? Nessun ragazzino dagli occhi sinceri?
    Un abbraccio

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