E ieri l’ho rivista insieme a un’amica. Ha fatto da sfondo a molte parole e ancor più risate. Passi lunghi ma distesi fra la gente che sembrava tutta in vacanza anche se non lo era. C’era un sole piccolo ma deciso, l’aria era quasi calda e fotografarsi davanti alla giostra era come quando si va in gita. Ho ritrovato luoghi amati e ne ho scoperti di nuovi. Ho comprato collane di vetro e letto bigliettini. In Sant’Ambrogio la pasta e fagioli di Rocco, il vino rosso nel fiasco, l’arista e tutto il resto sono stati un tuffo nel buono e nel caldo. Ci hanno chiamato signore, ci hanno chiamato bambine. E infatti è quello che siamo, sempre. Che lei è bionda e io mora ma quando si ride mi pare che tutta questa differenza di capelli non ci sia poi tanto, anche se a me Rocco farebbe una treccia lunghissima e a lei no. Quando poi ho visto Micino e rivisto Sasso, eravamo illuminate da grandi vetrate del quinto piano in una casa anni Settanta, bianca e arancione e rossa. Un terrazzo con la cupola in fondo. Non aver bisogno di nulla.
Firenze è uno di quei posti dove ogni angolo che t’accoglie l’hai già in qualche modo visto. Unisci i puntini con una riga e disegni la geografia sentimentale del tuo passato. E’ bella, Firenze. E un po’ l’avevi dimenticato.