Prisma

Oggi Bologna era un prisma. A ogni svolta mi sembrava d’essere da un’altra parte; e in un altro momento. Per un attimo, quando ho distolto lo sguardo dalla vetrina e ho camminato rasente il muro sotto la misteriosa via De’ Musei, ero a Roma, era dicembre e i sanpietrini sbrilluccicavano per terra. In via Drapperie c’era invece Parigi, c’erano i fiori e il ferro battuto. Poi non ricordo neppure perché, che cosa ho visto o quale odore m’ha presa, ma ho pensato che mi sentivo proprio come quando, un anno fa, camminavo stupefatta per le vie di Londra. E sicché mi son sentita bene, ero dove volevo essere, in un posto che è come lo voglio, per metà estraneo.
Mi piace uscire e prendere possesso della città, dragarla, girare un angolo nuovo per entrare in un negozio vecchio, che conosco. Mi piace camminarla tutta, pensando a cosa mettermi domattina o a quale regalo portare. I caffè che prendo, le facce che incontro, i sacchetti che appendo al braccio e gli autobus su cui salgo: sono tutte sospensioni, buche temporali, varchi. Questo sentirmi a casa in un luogo che non mi appartiene è bello, credo. Specie in giorni come questo, che le strade e le persone sembrano tutte immobili, pronte a diventare qualunque cosa, qualunque posto. Di questa città, alla fine, amo il fatto di non essere la mia.

                                                

Prismaultima modifica: 2011-03-05T00:00:00+01:00da capecchi
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Un pensiero su “Prisma

  1. “A ogni svolta mi sembrava d’essere da un’altra parte…” Vale anche, e soprattutto, per me:
    “Tornò giovane. E ne approfittò. S’introdusse nottetempo all’interno di case in costruzione, per poi infilarsi, insieme ad altri ribaldi come lui, in palazzi in demolizione. Colorò i muri. Percorse, in autostop, senza tregua e senza meta, la città invisibile, le città visibili…
    Infine, nel bel mezzo dello sciopero dei trasporti pubblici, si buttò a capofitto nel traffico dell’ora di punta, senza casco e strafatto di vodka. Ubriaco e impasticcato, errò lucidamente nei cunicoli sotterranei della Grande Mela, in cerca di coccodrilli albini (e del verme)”.
    Di lì, tuttifrutti, in tutte le città dei miei sogni: Roma, Parigi, Rio (forse), Oslo (mah). Un solo prisma, una sola certezza: “ero dove volevo essere, in un posto che è come lo voglio, per metà estraneo”. L’altra metà, anch’essa ancora estranea, è dentro me. Ma prima o poi riunirò le due città, le due metà della mela: io sarò il verme.

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