L’odore degli eucalipti

Qualcuno mi ha detto che questo è l’odore degli eucalipti e io ci credo. Del resto alberi altissimi si lanciano all’in su e mi lasciano ogni volta come sgomenta, per il loro essere fuori misura. Cammino la mattina presto sopra foglie secche, che scricchiolano. Il freddo punge le gambe scoperte. Il giacchetto di pelle è la scelta migliore che ho ficcato in valigia. È l’autunno di Mills; e mi scopro ad amarlo un po’ confusamente, senza esserne del tutto certa, lasciandomi colpire in faccia – coperta bene di sciarpe con i fiori e parole da dire.

La prima sera che sono arrivata e mi sono seduta sui divani logori del soggiorno dalle grande finestre ho pensato: «Ero qui soltanto ieri». Una luce serale portava dentro il tramonto e mi è sembrato così bello da non poterlo nemmeno fotografare. Poi hanno cominciato a scorrere i giorni e le facce e i pasti in mensa e le canzoni italiane. Gli amici amati con cui fare la spesa o scambiare quello sguardo che; i visi nuovi con cui mangiare peanut butter e marmellata, con il pane morbido piegato in due e il ripieno che deborda, esplodendo dritto nel centro della lingua e del cervello. Ogni giorno alle otto entri in classe e ti diverti, ridi, ascolti, spieghi. T’impiastricci mani capelli e vestiti di bianco. Tutto qui s’impasta di un gusto indeciso. Non è Italia, non è America, non è niente che assomigli a qualcosa di conosciuto. È Middlebury. Succede sempre così. Che ci caschi dentro di testa e ti ci arrotoli dentro e finisci per galleggiare in questa bolla di autosufficienza spaventosa e bellissima.

Lo swing mi manca fin dentro l’ultimo anfratto dello stomaco. Mi manca quel senso buono di calore, la mano leggera ma ferma che guida, i ginocchi che si piegano, i capelli che girano, gli occhi che dicono vai, torna, stai. Sicché me lo sono andato a pigliare. C’è voluto un pulmino più una metro più un autobus e strade in salita. Ma alla fine l’ho trovato. Cinesi imbronciati o vecchi signori in gessato bianco e scarpe rosse mi hanno preso e fatto roteare sotto le nubi striate di San Francisco, dentro un vento sferzante, gelido. Minaccioso. Eppure rido, scrollo le spalle. Quasi Esterina prima di buttarsi giù dal trampolino. I fortilizi mi piace diroccarli a passi di swing, adesso.

Quando si ritorna distrutte di stanchezza e gioia sopra il bussino che salta sopra l’asfalto, c’è un 7 luglio da festeggiare, regali da aprire e molto altro. Ma soprattutto: ho un termos nuovo, viola, con la scritta Mills sopra. Lo riempio di caffettone la mattina quando esco e cammino fra gli eucalipti così, in bilico su foglie, borse, tempo e caffè che gocciola. A volte qualcosa spezza imprevisto la normalità, due occhi grandi di cervo mi fissano in mezzo al bosco, dal nulla. Ci annusiamo, ci guardiamo, restiamo immobili. Non respiro. Aspetto. È un incontro miracoloso e io lo so.

L’odore degli eucaliptiultima modifica: 2015-07-09T01:41:18+02:00da capecchi
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