Tutto d’un colpo

Un’ingannevole primavera mi ha sorpresa l’altro giorno all’uscita da scuola, mentre i ragazzi sciamavano a due a due via dalle aule e dai banchi. La sua evidenza era ovunque: i colori, i suoni, gli odori, tutto era lucido e croccante come un rametto d’olivo verde quando è verde; un’aria pungente ma generosa ci sospingeva verso casa leggeri, certi che dietro l’angolo sarebbe sbucata una novità. Invece macché. L’inverno si è rimesso subito al suo posto; e ora quasi nevica su questa città che sguitta via nella notte e pare qualcosa di diverso da quello che è, oltre i finestrini e i tergicristalli e quella canzone che fa: “You gotta shake that thing”.

Ed è proprio mentre tornavo in macchina nel buio sotto una pioggia mista a neve che l’ho pensato: le ere finiscono così, tutto d’un colpo. C’è poco da chiedersi come e quando e perché questo e non quell’altro sia il momento esatto. Accade. Un cappotto che si sfila, la cenere della sigaretta che casca giù dopo l’ultimo brillìo: frrrrrrrr, stac. Un attimo preciso in cui il tempo svirgola. Il colpo di coda. Da quel momento in poi, non si è più gli stessi. Non importa che siano cambiamenti impercettibili o il ribaltamento di un mondo: tutto, comunque, piglia un’altra direzione. Non si sa se sia meglio o peggio; eppure – eppure – qualcosa trema sotto la superficie delle cose. Che succederà domani, se è un’altra epoca? Sapremo riconoscerci, aspettarci, amarci?

In questo inizio di neve non sono comunque infelice, perché molte cose mi piacciono dell’inverno: per esempio i giacconi pesanti da uomo, le felpe da ventenne e i baschi colorati delle ragazze.  In giornate come queste, anche se non ci credi, basta poco a scaldarti. Due guance gelate che si sfiorano o un come stai chiesto per davvero. La coperta grigia enorme sul divano rosso, l’abbraccio scomposto dell’alunno che ti coglie alla sprovvista: tu sei seduta alla cattedra, lui arriva, si abbassa giù tutto grande e grosso com’è, spalanca gli occhi, ti stringe, ride, piange, sorride. Ha preso 9 nel compito di verbi; prendeva 5; è una montagna d’incredulità e di gioia che ti piomba addosso. Sicché ci si rifugia tutti là sotto, dove è impossibile che il ghiaccio arrivi a stanarti. Le classi – e le braccia degli alunni – sono a volte luoghi così: caldi e sicuri.

Insomma mentre tornavo a casa nel buio, la pioggia mista a neve, ho pensato che forse quello che resta è quello che c’è sempre stato. E anche se ti prende un po’ di stupore, o di malinconia, bisogna comunque tentare l’azzardo: mettiamo su un disco registrato in un solo giorno al Van Gelder studio, New Jersey, anno 1956; ascoltiamo sei minuti e trentuno della squarciacuore You don’t know what love is; diciamo che sì, domani sapremo riconoscerci. Nevicherà, non nevicherà, la cenere sarà caduta per terra oppure no, ma noi saremo ancora lì, ad aspettare un altro colpo di coda.

Tutto d’un colpoultima modifica: 2019-01-23T23:25:04+01:00da capecchi
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