Le stanze di Gaia

A Mantova, le smanie della letteratura

Mai stata al Festivaletteratura di Mantova. A volte mi è presa la smania di andarci, poi ho pensato al caos orripilante della gente – e mi sono placata. Quest’anno però vorrei vedere due cose, seppure entrambe con una certa dubbiosa perplessità.

La prima è un “progetto” musicale a più mani (e già quando sento parlare di “progetto” m’insospettisco) intorno alle poesie di Erri De Luca. Vorrei esserci perché fra i musicisti c’è il grande non di statura Gabriele Mirabassi, clarinettista che amo e che lateralmente m’è capitato di incontrare perché ha suonato più volte col mio amico-maestro Claudio. La ragionevole perplessità mi viene dal fatto che se ne parli in questo articolo su “Panorama”. Qui viene fuori che Gabriele Mirabassi è un “jazzista arrabbiato” e “cattivo”. Aggettivi che riferiti a lui suonano quantomai lontani e quantomai retorici. Manieristici, ecco. Perché tutto Mirabassi è, tranne lo stereotipo del jazzman che si spalma su qualche tavolaccio di bar a bere alcolici e fumare e drogarsi e ribellarsi – “arrabbiato” – al mondo. Son altri tempi, ragazzi, e di ben altro uomo si tratta. Poi, non so: Mirabassi l’ho ascoltato per la prima volta nel ’95, in quel concerto di Claudio con Banditaliana di Riccardo Tesi. Suonavano quegli incredibili pezzi riarrangiati della tradizione nostrana del liscio. A Poggio a Caiano, figurarsi. Nessuno conosceva Mirabassi, allora. Eravamo io, la Simona e il lungocrinito Solimano e il concerto fu straordinario e punto modaiolo; Mirabassi era affatto “cattivo”. L’ultima volta che l’ho ascoltato era invece quest’inverno, in solo, qui a Bologna: avete presente suonare un clarinetto per più di un’ora completamente da solo di fronte a un pubblico che sta a un passo da te, improvvisando tutto? E farlo senza annoiare con inutili divagazioni free e senza puntare su tecnicismi di facile effetto. Un concerto eccezionale, da brivido continuo. Mirabassi piccoletto, tutto nero, dall’eloquio gentile e antico. E invece adesso me lo snaturano su “Panorama”. E se davvero fosse diventato così come dicono? “Arrabbiato” e “cattivo”?

La seconda cosa che vorrei vedere a Mantova è Stefano Benni insieme al pianista Umberto Petrin, in un omaggio a Monk. Ma Benni, dopo Il bar sotto il mare che resta un gran bel libro di racconti, non lo reggo proprio più.

Considerato tutto, è meglio che me ne resti a casa.

A Mantova, le smanie della letteraturaultima modifica: 2003-08-25T16:37:17+02:00da
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