Le stanze di Gaia

Del caffè

Ecco, non me ne frega nulla del caffè. Non mi piace. Il sapore non mi dice niente e – tantomeno – serve a svegliarmi. Però. Mi fa impazzire prepararlo. Intanto aprire il barattolo del caffè e far uscir fuori quell’odore folle. E prendere la moka, svitarla, aggiungere l’acqua, livellare il caffè, rovesciarne un po’, riavvitare. Poi mettere sul fuoco e aspettare. Girellando per la cucina, guardando giù dalla finestra, spulciando qualche giornale o scoprendo quali dischi ho. Ed ecco il gloglottìo improvviso. Ecco quell’odore. Quel profumo, ah, quel profumo. Pazzo violento bastante a se stesso. Che importa berlo, poi, il caffè, quando ne hai sentito uscire l’odore dalla macchinetta sbuffante sul fuoco? Non è forse l’attimo in cui la giornata t’arriva addosso con più evidenza e ripetuto stupore? Invece poi spengi il gas, zuccheri il caffè, scegli la tazzina giusta e versi. Lo vedi scender giù in quel modo così preciso e lucido. Così bello. Lo lasci poco nella tazzina, te l’accosti piano alla bocca perché l’odore t’investa con quel suo piglio scuro. Poi bevi, ti tocca berlo, a quel punto. Ma è solo per concludere l’irrinunciabile rituale preparatorio che hai iniziato. Lo bevi, ma sai di aver già consumato tutto il piacere nell’attimo in cui l’orlo della tazzina s’accostava al primo frammento di labbra.

Del caffèultima modifica: 2003-11-09T11:15:00+01:00da
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