Le stanze di Gaia

Sangue freddo

La vide uscire da un alto e scuro portone, la sera ventosa di novembre di traverso ai capelli. Quella mattina non era sembrata una mattina particolarmente crudele. Anzi, i soliti profili degli ignoti alberi erano lì, a posto, sereni, morbidi, gonfi come sempre. Poi però ripensò a lei. Quel suo dinoccolarsi mentre camminava e quella voce insopportabile e la presunzione di sapere come fosse fatta la sua animuccia. Ma soprattutto la sua totale e irrecuperabile ineleganza. Quella inaccettabile assenza di femminilità. Quel suo porgersi come una specie di sagoma di simpatia e affabilità. Ripensò alla sua crassa inabilità di essere fine o schietta per davvero e non solo di facciata. Ripercorse certe sue piccole meschinità da retrobottega. Ripensò lo sguardo tutto sommato piuttosto privo di grandi sfaccettature. Rivangò con uggia la sua ignoranza nascosta. Questo era sufficiente, bastava. Così la sera l’aspettò. La vide uscire da quel portone – e novembre e il vento e il grigio. Le si piazzò davanti, sbucando fuori come dalla sua stessa sgradevole risata. Estrasse la pistola e sparò. A sangue freddo. In piena fronte. Senza lasciarle nemmeno il tempo di rantolare. Vederla cadere a terra di schianto. Girare le spalle e andarsene. Non voltarsi indietro a guardare quell’ingombrante rifiuto in più sull’asfalto ghiaccio.

Sangue freddoultima modifica: 2004-11-23T16:50:00+01:00da
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