Le stanze di Gaia

Zuccherosi

Insomma, accidenti, ci sono gli esami fino alla fine di giugno, ma la scuola è finita. Finita finita, voglio dire. Finita con la doppia campanella delle otto, con il registro gonfio di fogli, con le penne e gli Winnie Pooh da sequestrare; e con quei fiati caldi e zuccherosi dei ragazzi sul collo. Io non lo so come mai i corpi appiccicati e sudati dei tredicenni dopo una partita a pallina nel corridoio non sono mai disgustosi come i corpi sudati degli adulti stanchi. E’ che li tocchi e senti quella loro pelle così liscia e tesa e pura. E le bimbe che si appartano a gruppetti durante la ricreazione, ridono piano e quando escono la sera per le cene di classe sono tutte belline con i lucidalabbra fruttati e le ballerine ai piedi. Sì, lo so, è un nodo di nostalgia balorda e mattiniera che mi piglia stamani. Stamani e quest’anno più di altri anni. Sarà stata tutta quella festa per il mio compleanno – ché fiori e pasticcini e trentaquattro candeline sulla torta facevano brillare gli occhi. Oppure le letterine e gli abbracci ultimi. Le lacrime silenziose dietro ai banchi. Non lo so cos’è. Ma già in questi ultimi mesi gli unici argomenti che mi interessava di scrivere erano casa nuova e alunni. Adesso, m’ha stufato anche scrivere della casa e scriverei solo di loro. E’ il mio mondo, è quello che faccio. Entro in una classe, chiudo la porta, li guardo e sono nell’unico posto in cui vorrei davvero essere. Per questo, ora, mi mancano. Tutti quanti.

Zuccherosiultima modifica: 2005-06-11T11:35:00+02:00da
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