Nel vento che spazzava i pensatori affacciati alla Fortezza di Montalcino, si sono ascoltati sabato i musicistini di Rava.
Invece Giovannino Guidi se ne sta in un angolo buio con Rava, a commentare di sicuro il dramma dei tasti e si vede che non si rassegna, che ci pensa ancora, che non si dà pace. Una serata da prendere e appallottolare nel cestino – questo secondo lui. Maniscalco resta sul palco da solo: smonta la batteria, zitto, ripiegato sul suo corpo lungo e magro. Per qualche ragione non sembra felice, forse è il modo in cui cade la luce o chissà. Forse è solo troppo alto e quando si china insieme a tutti gli altri per i giusti applausi, si vede che è a disagio e vorrebbe finirla il prima possibile.
I musicistini di Rava sono bravi e a te piacerebbe che la serata ricominciasse da capo, compreso il pane affettato grosso e i piatti di carta bianchi sul tavolo. C’era qualcosa, in complesso, di così ancora da farsi; qualcosa di così poco rigido. Quell’idea di possibilità e quel tutto da compiersi, nelle loro facce e nelle pieghe dei loro gomiti, che per te è stato meraviglioso annusare. Farne parte almeno per qualche ora. Andartene con quel senso di gioventù fra le mani.