Le stanze di Gaia

Sempre


Mi manca di continuo; mi manca troppo. Non c’è nulla che io possa fare per evitarlo. Il pensiero di quel perduto paese lassù nel Vermont è sempre lì, che mi fa arrotolare nella nostalgia. Non è che ci pensi sempre, ma ci penso sempre. Sono finita a rileggermi qualche vecchia memoria middleburiana e sono ricascata giù di testa nel verde e nell’odore di concime ed erba che mischiati insieme erano così nauseanti e dolciastri ma in fondo piacevoli, caldi, rassicuranti. Poi ho seguito un link che m’ha portato a Frankie. Ommioddio, Frankie. Come si fa a non pensarci, a quei due giorni lì, a quegli amici lì, che vorresti avere qui ora, ora subito, ora e sempre, e partire ogni giorno con loro per Boston, sporcarsi d’aragosta e maledire una sangria troppo cara. Come si fa d essere così stupidi da mettere Strangers in the night perché quella mattina in cui siete partiti c’era e tu non te lo scorderai mai. Ecco, allora certe cose non se vanno mai via, se ne restano lì, rintanate, a torturarti e addolcirti. Un’estate come la volevi, persa in beveroni che qui non bevi, instupidita di stanchezza e di sonni perduti perché quando c’è da stare insieme e ridere e tessere amori e insegnare a qualcuno come si tocca una ragazzetta allora chi va a dormire più, che bisogno c’è di farlo. Così finisce che ogni dettaglio, ogni respiro fatto e ogni long island preso si stratificano nella tua pelle e ciao, aggrovigliati in una memoria tenace, profondissima. Quel posto lì mi manca sempre e lo vedo invece lontano, impossibile da raggiungere un’altra volta. Non c’è nemmeno più la casa del barbacoa e della sgiacuzi e di tutti quegli sguardi che volavano sopra i piatti e ricadevano sul tavolo. Film visti sotto le coperte e tutti che ridevano per il senso della pera quando invece avrebbero dovuto piangere perché quell’idiota di angelo era diventato uomo per una che s’era fatta schiacciare sotto un camion. E lui lì a mangiare pere per sentirne la granulosità che lei gli aveva detto. Che poi quell’incrocio di viottoli, quel verde sparso ovunque, quelle nuvole assurde che mutano continuamente: come si fa a scordarli? C’era nell’aria quel senso di poter fare tutto, cogliere tutto, cambiare la propria vita come si cambia un paio di scarpe, così, tanto per vedere come ci si sta. E insomma tutto questo mi manca così sempre e così tanto che avevo persino iniziato a scriverci un libro, sopra quel posto. Almeno le facce, i cieli, i terreni che calpestavo, me li tenevo tutti qui, a disposizione, ogni giorno, ogni notte e me li cullavo e cercavo di sentire di nuovo tutto com’era. Ma tutto com’era non si può sentire mai. Ed è per questo che mi manca furiosamente e sempre Middlebury, con le persone che c’erano dentro e le parole che dicevo e i sentimenti che sentivo io. Nell’estate del 2004.

Sempreultima modifica: 2007-09-10T21:45:00+02:00da
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