Le stanze di Gaia

Sotto la pelle


Si passa la sera a parlare, più o meno, di due temi: idiozia e pavidità. Declinate entrambe in modalità diverse ma tutte, ugualmente, irritanti e disgustose. La fortuna sta nel fatto che è una sera calda, non ha piovuto nonostante le minacce e la pizza nel piatto è piuttosto buona. Inoltre io indosso per la seconda volta gli stivali neri da moschettiere, una punta che contrasta con il mio corpo e che mi precede di parecchio, sull’asfalto umido della notte. L’orrida fiumana di puzzolenti individui è per fortuna lontana, l’olfatto e l’occhio – dunque – sono salvi e anzi si viene rinfrancate da un incontro casuale, bello, che sa di pulito e di sapone anche se non so bene perché. Lui sorride chiaro, ha due occhi blu e mani lunghe, femminee, eleganti, da giovane professore universitario di letteratura comparata. Mi è sempre piaciuto anche se non siamo mai stati grandi amici, ma solo perché non ne abbiamo avuto tempo. In ogni caso, conservo ancora un vaso rotondo e blu, che lui m’ha regalato parecchio tempo fa, quando tutto per tutti doveva ancora farsi. Tornando a casa a piedi si ride parecchio, ci si immagina l’una l’altra a strattonare le colleghe a parole, a misurare loro occhiate di sotto in su che le immortalino nella loro stupefatta e stolida inutilità. E’ bello che proprio mentre si ride così, scomposte, sottobraccio in mezzo alla strada, due ragazzi con la maglietta e i volti semplici, sorridenti, ci chiedano: “Venite a bere qualcosa con noi, ragazze?”. Si dice di no ma sorridendo pure noi. E nessuno dei quattro si ferma, ci si incrocia così, sul bordo di un marciapiede: è un lampo di dialogo e di sorriso a un angolo di viale. Poi ci si saluta sotto casa, rapide, ritagliandoci ancora un momento per riflettere su quanto le buone maniere e il garbo da musicista colto o da avvocato gentile nascondano in realtà, sotto la pelle, il nulla.

Sotto la pelleultima modifica: 2007-09-30T22:27:31+02:00da
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