Le stanze di Gaia

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Queste sono giornate che si srotolano lunghissime e ripetitive, ma non spiacevoli. Stare in casa a cucinare patatine fritte e dolci al cioccolato, col cielo fuori che si gonfia di nubi e di vento mantiene intatte molte certezze, anche se non tutte. Si passa da pioggia a grandine a sole così, nello spazio d’un attimo. E tutto il trapassare del cielo fuori dalla finestra è bello, sullo sfondo dei capelli spettinati della Nina, che oggi ha ripreso la sua solita sciocchineria e infatti ordina imperiosa che io corra per casa facendo il tuono.
Nonostante sentissi il bisogno fisico di Prince (in quale altro modo si può sentire il bisogno di lui?) ascolto da ieri notte, notte fonda, Michele Di Toro; e mi piace un sacco. Ha garbo, scherzo e piccole scintille di poesia che vorrei poter sentire dal vivo. Mi piacciono i pianisti, c’è poco da fare. Quando loro finiscono io li farei sempre ripartire da capo: “Dai, rifammi quell’accordo, rimetti le mani sul piano in quel modo, che non mi ricordo bene come facevi in quel punto lì”.
Poi c’è il fatto meraviglioso dei dieci giorni del Festival jazz di Bologna; e pensi che andrai a tutti (tutti) i concerti perché insomma una volta che suonano non puoi certo star lì a cincischiare tanto. La notizia ti agita, insomma, soprattutto perché scopri che arriva Mehldau. Sì, sì, lovely Brad, proprio lui. Cioè, voglio dire: tu prendi, esci di casa, percorri a piedi via Indipendenza, entri al teatro Manzoni e un giorno di novembre trovi Brad Mehldau che suona il piano.
Bologna è stupenda; e il cielo visto da qui specialmente.

 

  

 

(Michele Di Toro, Honeysuckle rose, in Playing with music. Per la notte quando è fonda o il cielo quando è rosa)

Visto da quiultima modifica: 2007-10-21T21:50:00+02:00da
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