Le stanze di Gaia

Il Natale addosso

Cammino per Bologna sentendomi il Natale addosso, come sempre. Cammino per Bologna pensando ai regali da fare, alle grammatiche da scrivere, ai compleanni festeggiati e ballati. Cammino per Bologna e fermo contro un muro c’è un uomo grasso, immobile, vestito da angelo. Ore dopo ripasso ed è sempre lì. Il bianco spalmato sulla faccia in modo grossolano. E’ ancora immobile e a me si sgretola qualcosa dentro ma passo oltre. Non gli metto neppure venti centesimi, nella scatola dorata che tiene davanti. Però deglutisco e scuoto i capelli.
Cammino per Bologna e sento odore di caffè al cioccolato, di frugiate, di gente e di profumi di poco prezzo. Tutti i profumi, mischiati insieme, hanno la stessa volgarità sfacciata, ma non mi dispiace del tutto. E in certi momenti, ma non sempre, è bello lasciarsi schiacciare dalla fretta e dalla folla e dalla volgarità: gente che ti inghiotte, intorno, e che non percepisci in modo consapevole ma sai che c’è, lì contro di te. Cogli un tratto, una linea degli occhi, qualche sorriso triste, pianti di bambini, risate spezzate. A volte è bello buttarsi là in mezzo. I sabati pomeriggio prima di Natale per le strade dove tutti passano e comprano e si spingono. Che sembra d’essere in un’altra città, in un altro momento. Poi incontri un alunno e gli stampi due baci sulle guance, per imbarazzarlo; oppure ti fermi a parlare con i genitori di un altro e ti senti bene, anche se non vi dite nulla di che. Ma parlate e vi ascoltate. E gli occhi blu della mamma ti piacciono molto.

Ti piacciono molto tutte queste strade di Bologna. Stradine secondarie, silenziose, qualche nastro alla finestra; qualche luce nascosta. Ne percorri parecchie, in questi giorni; ne osservi parecchie. E metti e levi i guanti, respiri nella sciarpa, rallenti, acceleri, senti il freddo sulla faccia, senti il tempo che va. Ogni angolo sembra significante.
Poi a Natale c’è la giostra qua vicino. Così la Nina sale sul cavallino, poi sulla carrozza e pure sulla tigre. Quelle luci sfavillano, tutto gira, e L’uomo tigre, Lupin e i canti ritmici e abituali degli Hare Krishna si avvitano fra loro. Ti ci perdi, alla fine, in tutto quel cantare.
Comunque non c’è Natale senza Ella Fitzgerald e senza Have yourself a Merry Little Christmas. Nonostante tu ascolti da giorni Tricarico e Ruggeri (Ruggeri?), alla fine Ella salta sempre fuori, da qualche parte. Non può non farlo. Have yourself a Merry Little Christmas azzera le mancanze o le amplifica, ma insomma è una canzone per i Natali buoni, sotto un albero vero che sa proprio di abete, addobbato con stelle rosse di pezza o angeli di stoffa, trenini di legno e orsetti-biscotto. Un Natale pieno di senso. Che è il senso che ti danno tutte le persone che fanno parte della tua vita, che ci sono. Vicine, lontane, lontanissime. Ma presenti. Sempre. Che è il senso che ti danno i nippon mangiati a colazione, il Dislocatore visto contorcersi al circo, l’ennesimo regalo comprato, le corse della Nina che parte e dice “Lontana”, poi arriva, si ferma di botto e dice “A corsa”. E via all’infinito.

Un buon Natale a chi cerca cerca e poi alla fine il senso lo trova. Un buon Natale davvero. Clemente, soprattutto.

 
 

(Ella Fitzgerald, Have yourself a Merry Little Christmas. Canzone per un buon Natale pieno di nippon e alberi veri)

 

 

Il Natale addossoultima modifica: 2007-12-24T15:49:37+01:00da
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