Le stanze di Gaia

La settimana sparisce

La settimana finisce. Piena di musiche, disegni, voci, espressioni. Parole, infinite. Ritagli d’occhi, pezzi di mani che s’incrociano sui libri, amori che nascono e un po’ si vede; oppure che stanno zitti ma ci sono uguale. I sassofoni suonano entrambi, nella notte – piano e stonato – o in pieno giorno – forte, sporco, raschiato. La mano sta guarendo, ché a malapena si stringeva a pugno e faceva male ma era stato tanto bello batterla sul tavolo in un tempo immaginario e urlare e vedere gli occhi di tutti aprirsi di più, lucenti. La settimana sparisce sotto cumuli di bianco e di nero, plastiche e stoffe, tizianoferro, amiche e “balli bellissimi” che la Nina balla in corridoio saltando.
Mentre non si sa se arriverà la pioggia, la neve o il sole, si sta seduti dietro a file di ragazzini che ascoltano Strauss e stanno lì a mandarsi bigliettini attraverso le poltrone rosse e tu la giovinezza la senti e la tocchi, l’acchiappi con la mano scivolata giù giù in fondo verso il basso, la gola stretta e lo stomaco che non scorda affatto come, allora, ci si sentiva ed era. Così s’inghiotte aspro ma dolce e poi si esce fuori abbrancati ai cappucci rossi di qualcuno o ai contatti messenger che si sono intrecciati fra un colpo di timpano e l’archetto dei violini che andavano tutti insieme avvitando nell’aria note perfette per il ricordo – “Ma quanti ricordi ha?”, aveva chiesto infatti il vicino di poltrona.
La settimana tira una riga sulle cose fatte e quelle da fare, su quello che resta, su ciò che non si può o si deve e stranamente ritornano fuori note semplici, un Jovanotti abusato, ma ascoltato e cantato lento e morbido abbracciati stretti a un corpicino piccolo ma forte, capelli spettinati, maglietta macchiata, la testa abbandonata sulla spalla e gli occhi persi oltre lo specchio, oltre te, oltre tutto.

La settimana sparisceultima modifica: 2008-02-01T19:15:00+01:00da
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