Le stanze di Gaia

Giorni di luce e calore

Nevica. Anzi, nevicava. Per tutto il giorno piccoli strappi di neve hanno battuto a queste finestre calde. Ora è buio e resta sul terrazzo una lastra ghiacciata sopra le sedie, le foglie e le travi della pergola. Vivo da giorni avvolta in un bozzolo caldo e febbricitante. Tutti a prendere pasticche, bere sciroppi, nascondersi dietro mascherine di plastica e fumi d’aerosol. Anche se malata, anche se malati, erano giorni di cui avevo bisogno. Rintanarmi qua dentro e passare dal letto al divano, dal divano al letto e basta. La coperta rossa e arancione tirata quasi fin sopra la testa. Guardare film natalizi e pettinare la Nina. Cucinare risotti e sparire dietro il vapore buono; o in mezzo alla carta del panettone. Infornare e sfornare, odore di cioccolata, l’albero che perde più aghi del solito e interrompe il silenzio con uno stichitìc che piomba sul legno del pavimento. Tintinnare di risate, occhi lucidi, guance rosse.
Leggo un libro consigliato da un’amica via sms. Un libro un po’ torbido ed estivo, riviera ligure e appiccicosa notte romana, le vite che mutano di colpo e inevitabilmente, come quando un sasso comincia a rotolare giù da una collina e non puoi far nulla, nulla davvero, per fermarlo. Del resto: perché poi? Mentre cucino e spezzetto formaggi penso che no, non sarò mai una donna di quelle che mangiano sushi convincendosi che è buono, ma neppure di quelle altre che anelano alla settimana benessere in qualche posto idiota dove ti massaggiano e ti avvolgono un asciugamano troppo stretto intorno alla vita. No, anche per questo 2009 sarò quella che vuota il contenuto di una busta da frigo in una tortiera e cuoce tutto in forno e per casa si spande un odore meraviglioso e sicuro. Sarò quella che prepara crostini saporiti e tavoli con le candele rosse. Prima o poi imparerò anche a fare i crostini col sugo di carne come li faceva mia nonna. E l’arista della mamma. Roba semplice, diretta, che si sente sulla lingua, che riempie lo stomaco e unge le mani.
Mi sono svegliata pensando a quale musica descrivesse quest’anno, se ce n’era una. E no, non c’è. Perché di musiche ce ne sono stante tante, tantissime, infinite, diverse, mutevoli. Non una, per me. Non una sola. Questo 2008 sta per finire ed è stato lungo, brevissimo, pieno. Ha levigato le curve del mio corpo, ha inciso solchi, scartavetrato polpastrelli e raschiato sotto le unghie. E’ stato un anno della mia vita. E’ stato un anno per cui ringraziare. Resteranno fiammelle che brillano. Resterà ciò che davvero esiste, che c’è, che se ne sta aggrappato là in fondo. Il resto, un soffio e via: sparirà senza dolore.

Che siano giorni di luce e calore, questi e tutti quelli del 2009 che è già fuori dalla porta, per tutti coloro che la luce la riconoscono, là dove c’è.

Giorni di luce e caloreultima modifica: 2008-12-28T22:25:00+01:00da
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