Le stanze di Gaia

In mezzo fra

 

In mezzo fra lo struggimento e la giravolta sta dicembre. Proprio così. Infatti ieri ero alla fermata dell’autobus e d’un tratto mi sono girata e c’era una bambina, forse tre anni, per terra. Era sdraiata a faccia in avanti, cappottino, riccioli neri e manine, tutto. La mamma era dietro di lei, ma voltata e piena di sacchetti della Lidl. C’è stato un frammento di tempo lunghissimo in cui la mamma non s’è accorta della bambina caduta. Poi l’ha vista. Che piangeva a terra. Piangeva nel modo in cui piangono tutti i bambini che cascano, più per la paura e a volte la vergogna che il male. Così è andata lì e l’ha tirata su, lo sguardo come cieco di entrambe. Intorno a loro scorrevano il traffico dell’una e i tram e i suoni della stazione sotto la pensilina. La mamma ha fatto i soliti gesti di mamma che solleva bambina dall’asfalto. Ha abbandonato i sacchetti sul marciapiede, l’ha presa in collo, ha cominciato a stringerla, parlarle piano. La bimba tirava su col naso e aveva i capelli spettinati che spuntavano da sotto il cappello. Si lasciava asciugare la faccia con uno sgualcito fazzoletto di carta. E insomma io lo so che quello era solo un momento qualunque di una stupida qualunque giornata; eppure mi si sono spezzettate frange minuscole di qualcosa, dentro.

Poi però ho deciso di andare a piedi. L’oggettino mi ha rimandato un pezzo di Fresu che ha preso il magone di prima e l’ha trasformato in passo da marching band. Eccolo là, dicembre: in quel robusto rullare della batteria insieme alla tromba. Nell’ingresso del sassofono e del piano. Finisce che cammino fino a casa col cielo azzurro sopra e un ricomposto senso di domestica gioia. Solo perché non ricordavo che il quintetto avesse questo tiro e questa energia spicciola da mattina di vacanza. Quell’andamento bandistico eppure lontanamente funky. M’arriva pure fin su dentro il naso l’odore della mortadella tagliata fina e il disegno delle faccine sorridenti su un foglio di carta mi fa sorridere anche se è un’idiozia.

Anche la febbre della Nina fa parte di questo mese. E’ molto alta; e non scende mai. La notte diventa un lungo toccare tempie e sentire respiri grossi. Stringersi un ballotto caldo addosso. Spiarlo. Preparargli il latte con la tachipirina dentro. Sentirsi malissimo. Che i bambini piccoli con la febbre alta son gomitoli odorosi e buoni, accucciati su un divano o arrotolati nel letto, e ti guardano con occhi allagati di bisogno. Sei impotente di fronte a quegli occhi sgomenti là, anche se nel cassetto del bagno hai tutte le medicine perfette per l’occasione.

Sicché dicembre è un mese così. Sempre in balìa del momento in cui potrebbero sciogliersi grumi di malinconie paure dolori ricordi mancanze; e poi di quell’altro, in cui sentirsi vivi, ferocemente sereni, con gli stivali neri piantati per terra, a calpestarla tutta, forte e bene.


  

(Paolo Fresu Quintet, On second line, in All’incrocio dei venti. Live in Matera 2004. Musica per dicembre che sta in mezzo fra)

In mezzo fraultima modifica: 2009-12-04T10:59:00+01:00da
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