Ma comunque Firenze è bellissima; soprattutto quando la notte è appena piovuto e le pietre traslucide scivolano sotto i piedi. Oppure quando la mattina ti alzi, apri la finestra e vedi i tetti, il fumo, le colline laggiù e controsole la torre di Piazza della Signoria.
Firenze ha questa cosa di non esserci mai ma di acchiapparmi stretta se mi ci ritrovo dentro. Come l’altra sera che sedevo accanto a un’amica a parlare di genitori e rovesciare acqua sugli appunti. Nel frattempo il Palagio si slargava enorme e antico tutto intorno a noi. Vecchie stanze con tavoli consumati, velluti rossi e il passato che se ne sta lì a occhieggiare, di dietro gli angoli. Voci che tremano un po’. Babbi e mamme sconosciuti o conosciutissimi perché nostri. La Nina brava seduta che ascolta e mi fa ciao con la mano. L’amica che mi conosce meglio proprio di fronte a me.
Poi quando la folla ha finito di bere rum, sporcarsi di cioccolato e farsi firmare libri, si sciama fuori pieni di borse e fiori. C’è ancora tempo per mangiare coccoli e cantuccini. C’è ancora tempo per camminare piano e accorgersi di riconoscere ogni vicolo di questo posto nel momento esatto in cui lo hai appena lasciato.