Un venerdì. In macchina. Con il sax vicino. La radio suona eppure è muta. Il cielo è muto anche lui. Tu, pure. Ti piace perderti per strade che non conosci; e lo fai. Guidi mentre il giorno trapassa verso confidenze e paure che tieni strette in un pugno. Guidi guardando le vie e alzando ogni tanto gli occhi – ci sono nuvole belle, stasera, ci sono nuvole tristi. Chissà chi sono quelli che dai finestrini sfiori. Chissà se hanno famiglie e bambini e case nuove appena comprate. Chissà se hanno ancora qualcosa da comprare al supermercato; oppure nulla. Chissà se pensano, a fianco a te, che avrebbero potuto dire qualcosa di diverso da quello che hanno detto quella volta in cui hanno chiuso per sempre un telefono o un quaderno. Le sfumature delle auto lasciano resti di passati indirizzi e panini mangiati – ma nessuno se ne ricorda o invece sì; e tutti guidano, persi in giri uguali e lunghissimi, mentre il venerdì si svolge come una specie di caldo polipo che si distende protettivo ma crudele per tutta quanta la città.
Una specie di caldo polipo
Una specie di caldo polipoultima modifica: 2004-01-16T18:55:27+01:00da
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