Le stanze di Gaia

Tormenta


Non è più solo attesa, è tormenta. Un’ora e mezzo per tornare a casa da scuola. Bianco e bianco su bianco. Implacabilmente continuo. Pranzo a tre alle tre, con spaghetti piccantelli improvvisati e Bonarda in grandi boule trasparenti, poggiati su scacchi rossi e verdi. L’ultimo scoppiettare del carnevale nel piatto, appiccicoso sulle dita, nello stomaco, nella coscienza sporca del dopo. Poi ci si getta fuori, parlando fitto senza renderci proprio conto che insomma la neve ci arriva al ginocchio. La stazione esplode di gente bagnata e sgomenta. Una piccola signora russa con in mano un biglietto per Ravenna si sforza con stentoreo sorriso di capire le nostre parole. Infine Momi è partita, lasciandomi tornare in una Bologna irreale, bloccata in un’istantanea di colori sfumati e luci slabbrate. Il silenzio assorbe i passi. I pensieri cadono giù, lenti; affondano placidi nella neve. Girandoti indietro, vedi impronte profonde di cui non percepisci la fine.

Tormentaultima modifica: 2004-02-28T20:58:59+01:00da
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