Le stanze di Gaia

Buchi neri

Stamani pensavo a come le persone spariscono. Quei risucchi spaziotemporali in cui finiscono in molti: semplici conoscenti, amici, amori. Improvvisi buchi neri o strappi graduali che si allargano e poi tirano giù tutto: ti volti e il barista giovane ma un po’ pelato che ti chiamava “professoressa” e ti porgeva la schiacciata è scomparso, così pure l’amica più cara con cui dividevi banchi e vacanze, e anche il ragazzo dalle gambe storte di cui contavi i saluti al liceo, oppure la collega bionda con il foulard che ti preparava sempre il cappuccino e la fanciulla più ricercata di tutta la scuola che aveva scelto te come confidente e quel ragazzino smilzo dai capelli biondi che scriveva come un grande e ti faceva commuovere e tu gli appuntavi in fondo al tema “Ottimo!”, proprio così, col punto esclamativo. E’ mostruoso come ciò che fa parte della tua vita in un momento, nel momento dopo, pluf, sparisce; ed è questione di un battito di palpebre; non anni e neppure mesi: palpebre che sbattono. Tutto implode proprio mentre sei lì che lo vivi, spesso. Le persone vengono risucchiate continuamente in queste voragini: ci sono – non ci sono più. Sai tutto di loro – non sai più nulla. Se ci pensi troppo lucidamente, ai buchi neri che si mangiano la gente, è un punteruolo che gira nello sterno. Ma se ci pensi ancor più lucidamente capisci, senza angoscia, l’assoluta necessità di questi calanchi della sparizione.
Magari poi torni a casa, leggi la posta e vedi che Nico ti ha scritto in fondo alla lettera “A pronto”, che nel suo speciale linguaggio ibridato vorrebbe dire “A presto”. Tu ridi, chiudi la posta e non pensi più ai buchi neri; e quando più tardi lui chiama davvero lo ascolti parlare e t’accorgi che a volte qualcuno rimane. Per un po’.

Buchi neriultima modifica: 2004-10-08T01:50:00+02:00da
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