Le stanze di Gaia

Quando il buffo si slabbra

Pirandello. L’ho preso e rivoltato in ogni sua pagina. Dev’essere per quella faccenda dell’umorismo. Ci ha scritto un saggio intero, nel 1908. Ha spiegato per bene che cos’è. Per intendersi: la bella signora elegante che inciampa e batte una musata in terra è il comico. La vecchia imbellettata che si dipinge e s’infiocchetta perché ha un marito giovane e indifferente di cui vorrebbe riprendersi l’amore è l’umoristico.
Il comico m’interessa poco, si ride facile e aperto. Ma io rido già facile e aperto da me, non ho bisogno di andarmelo a cercare fra le pagine scritte. L’umoristico, invece. Eh, sarà per quella crosta di patetico e di doloroso che c’è dentro e che ti piglia allo stomaco. Rido, sì, ma a denti stretti. Direi che è piuttosto un ghigno, un brillìo di denti che si scoprono di sotto il labbro, una risata uscita a forza e con riflessione. Quando il buffo si slabbra e lascia intravedere cosa c’è sotto: questo m’interessa. La stortura oscena del reale nel grottesco. Lo sfaccettarsi della superficie apparentemente comica in prismi di possibili verità. Ed è davvero impressionante quanto, guardandosi in giro e anche molto vicino, l’umorismo sia ovunque. Come se certi avessero in faccia dei mascheroni con la piega della bocca orrendamente fissa, l’occhio spalancato, immoto, spaventoso. Mi piace osservarli, succhiare la patetica disperata sostanza delle loro ridicole vite. Ridere, appunto. Ma provando un’affettuosa pena. E’ bello, questo, e fa sentire vivi. Si chiama umorismo, ed è tutto qui.

Quando il buffo si slabbraultima modifica: 2004-11-02T13:35:00+01:00da
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