Tutto precipita

Gli occhi di Margot Robbie quando piange una sola lacrima ritta in piedi su un finto bancone di un finto bar. Gli occhi di Brad Pitt umidi e improvvisamente disperati – ecco, è finito tutto – quando guarda il serpente a sonagli attaccato al collo di lei, nella notte del deserto. Gli occhi fessura di bianco quasi invisibile di Jovan Adepo quando suona colorato di nero sul viso nero e con la tromba ti sputa addosso un diavolo di assolo – Dio benedica il jazz e l’ossessione di Chazelle per i musicisti. Gli occhi di Diego Calva quando la vede rovinarsi la cena, il vestito, la festa, la vita; i suoi occhi un po’ sempre, in ogni angolo, con ogni penombra, quando la segue da lontano e sa che nel momento esatto in cui lei fingerà d’amarlo lui farà finta di crederle. Perché di stupidi uomini probi il mondo non ne ha mai abbastanza. Anche se poi, qui, l’uomo probo si salva ed è invece lei che sparisce inghiottita nel buio, dentro la notte, lungo la strada, chissà dove: basterà un trafiletto di giornale a contenerla tutta, lei con quel pazzesco non-abito rosso, il ghiaccio sui capezzoli e il bisogno di essere qualcosa di memorabile?

Ma comunque, nell’impenetrabilità di questa sera e di questa larghissima poltrona di cinema e soprattutto dei tuoi occhi, tutto precipita. In un vortice di tamburi corpi piume mani ottoni bicchieri fruste tacchi sigarette elefanti fuochi d’artificio. Montagne di droga, montagne di pelle, montagne di desideri che sembrano apparecchiarsi lì, di fronte, ammassati l’uno sull’altro, slabbrati nella loro volgarità, meravigliosi nel loro luccicore. Tu cosa desideri? Tu cosa vuoi? Ecco, è qui pronto: ma te lo regalo decuplicato, centuplicato; dopo vorrai non aver mai desiderato, chiesto, allungato la mano per prendere. Questo è il cinema, fanciulla, cosa ti aspettavi? Una sala da the per signorine?

Poi la luce del deserto allaga lo schermo, in ogni scorcio accade qualcosa. Chi spara, chi suona, chi muore infilzato da una lancia, chi recita con una farfalla sulla spalla: ha tutto lo stesso valore, e se tutto ha lo stesso valore allora vuol dire che nulla conta davvero, in mezzo alla polvere e ai tramonti di questo pezzo di California. Che bellezza; e che dolore, gentile pubblico che sprofondi sempre più giù nelle viscere di questa Hollywood Babilonia, fatta di uomini deformi, topi e coccodrilli. Dove da qualche parte si trova sempre una piscina o una macchina da spingere lungo l’asfalto; dove chiunque può essere tutto sentendosi niente. E dove – e questo è davvero importante – devi sempre ricordarti di portare con te una borsa piena zeppa di dollari che non siano falsi.

In questo cangiante universo di cinematografiche bassezze e splendori, di note che formicolano su per la nuca e lungo le gambe, vorresti avere più tempo per affondare nella malinconia di certi primi piani, di certe vasche bianche intraviste dietro le porte. Vorresti avere più tempo per sentire, come se fosse tua la schiena, la mano di lui che dice: “Salgo a prendere due sigari”. Invece il tempo non c’è, perché una scena strappa via l’altra, una bottiglia di champagne annulla quella di prima, un autobus parte nella notte e tu nulla, non hai avuto nemmeno lo spazio per dire qualcosa di meno inutile di: “bello, mi è piaciuto tantissimo”.

E mentre attraversi la tua Hollywood emiliana, ti chiedi con un poco di sgomento quale sia il costo dei propri desideri. Che prezzo si è disposti a pagare per quello che si smania di avere? Nessuno può dirlo. Così come non sapresti dire cosa resta, alla fine di tutto. Forse l’impressione di aver catturato qualcosa di enorme e indefinibile, anche solo per un momento. Tutto quel jazz e quella sfrenatezza. Gli sguardi. Il senso irrevocabile di decadenza che tutto travolge. Ma anche la volontà di non sparire, di non rimandare, di esserci, nonostante tutto questo freddo e gli scarafaggi e l’apparente insensatezza delle cose.

Tutto precipitaultima modifica: 2023-02-08T13:31:50+01:00da capecchi
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