Sisifo

Poi nevica. Così, in modo del tutto inatteso, in questa mattina e in questo primo giorno del mese che dovrebbe dare inizio alla primavera. Le cose a volte accadono tutte insieme: la fine di una pagina da scrivere, il macigno di Sisifo, la neve.

Mi sono ritrovata a pensare spesso, ultimamente, quanto tutti noi siamo salvi grazie al nostro personale macigno. O se invece esso non ci renda prigionieri. Ma anche cosa sia, per noi, il macigno. E infine perché dobbiamo immaginarcelo felice, Sisifo? E dobbiamo immaginarcelo felice nell’attimo in cui è in cima, in quello in cui comincia a inseguire il macigno che rotola giù, una volta che è fermo a valle o nel terribile stupendo attimo in cui lo spinge di nuovo in su, verso l’alto, in un’ascesa che sa impossibile? Cos’è, alla fine, che possiede Sisifo? La certezza dell’inutilità (infinita) della sua esistenza? La certezza di avercela, un’esistenza inutile? Com’era quella cosa di Fiòdor? “Vivere, vivere, vivere! Vivere come che sia, ma vivere!”. E Meursault? La sua certezza è la morte, però. Allora? Allora annaspo e mi perdo. Aiutami a ritrovarmi in mezzo a queste domande. Vienimi a salvare; e fallo spezzando un sorriso di resa. Forse sono solo abbacinata anch’io da tutto quel bianco, da quella luce. Intanto il macigno sta lì, lo tengo in bilico sulla punta delle dita: di qua o di là? Da che parte la caduta? Lo seguo nel precipizio o lo guardo sprofondare, rimanendo lassù a guardare mentre me ne libero? E Marie? Forse la domanda giusta non è se Meursault la ami ma, piuttosto, se l’abbia amata. Si sa, noi sciocchi romantici di fronte alle domande sull’amore risponderemmo sempre che sì, certo, è amore, quello lì che vedi. Ma forse invece no: non è amore, lo era. Quando c’era il sole e l’acqua cristallina e il viaggio zitti in autobus e la notte l’estate il letto la finestra aperta. Se non era amore quello, allora, noi romantici diciamo: cosa, dunque, lo sarebbe?

Ma il punto è un altro. Come Sisifo e Fiòdor e Marie e la neve fuori dalla finestra s’incastrano in questo momento preciso delle nostre vite – o almeno della mia? Perché tutto mi sembra concorrere verso un unico punto – sempre quello, sempre lo stesso? Un punto che poi insomma sarebbe il tempo – sempre lui, maledizione. Il suo scorrere e il suo stratificarsi in albe sopra i palazzi e notti e tramonti come tregue malinconiche. È davvero questo tempo la muscolatura di Sisifo? Un po’, forse. Posso io toccarlo come si farebbe con un bicipite o un polpaccio che si tende? Ho un modo per fermarlo, questo muscolo che vibra? Penso di sì. E questo modo, per me, è accorgermi della neve che cade, quando cade.

Sisifoultima modifica: 2023-03-01T19:30:11+01:00da capecchi
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