Domenica di febbre. Che poi forse è l’unico modo per affrontare la domenica: febbre alta da mandare via, gocce da ingoiare nonostante l’amaro e kinder per far buono il palato. La Nina scotta e non mi vuole. Sta lì sul divano, tutta mogia, tutta calda, raggomitolata. Oppure si sdraia per terra, fra il letto e il comodino. E a me ricorda me, che strano, anche se non mi vuole e mi caccia. Così non mi resta che lavorare, correggere vecchie frasi di grammatica, ritrovare nomi luoghi complementi. Ricordarmi. Non mi resta che scrivere. Dal momento che oggi mi serve. Mi mancano molto i Radiohead, in questo pomeriggio. Per questo li metto e provo a vedere che succede. Magari affondo nelle note. Magari mi ci perdo. Magari il tempo si srotola in maniera diseguale. Magari. La solita immagine della notte e della macchina. Dove non importa che ci sia il mare, fuori. Ma importa solo l’andare, il non fermarsi. Che c’è, laggiù? E a che ora arriviamo? Nessuno sa dirlo ma in fondo a chi importa. Basta l’andare.
(Radiohead, Fake plastic trees, in The bends. Canzone per un tempo diseguale)
La Nina ha la febbre! Mi dispiace, povera piccola.
Quanto alla macchina, partirei adesso, subito, con il prendisole giallo corto da casa e via! Via anche in montagna e in mezzo al verde, per tornare almeno almeno il 1° luglio. In qualche modo affrancata.
Bella, bellissima. Io invece ho trascorso una serata ipnotica con videotape dei radiohead. Non riesco a distogliere la mente dalla ripetizione ossessiva del pezzo.