Lividi

L’umore è torvo e rabbioso. Selvatico. La voglia di prendere il mio solito treno per Firenze due volte a settimana è pari a quella di farsi bastonare fino a diventare lividi. Più lividi di adesso, voglio dire. Se avessi carne davanti a me la morderei; forte. Lacerare più che si può; farlo però senza gusto né piacere truculento ma con cieca meccanicità del gesto. Sono completamente rattrappita dentro una specie di corazza di ferro che mi tiene su – rigida e stabile, a vedersi. Già. Perché il fatto è che, sfòrzati e sfòrzati, la mia cattiveria traballa. Mi dilacero di (giuste) rabbie epperò non riesco a esercitare la crudeltà necessaria, una fredda e millimetrica ferocia, asportando pezzi di fegato o cuore dove c’è da asportare. Mi piacerebbe l’inumanità, adesso, per me: prendere qualcuno per i capelli, sbatterlo a terra e fare qualcosa di molto violento con la sua testa, obbligarlo a implorare pietà – non concedergliela. Vorrei, davvero. M’immagino con quei sorrisi cattivi ma perfetti, belli, lunghi. Gli occhi che brillano senza cedimento. La mano ferma. Immobile prima di colpire. Poi però. Il punto è che quest’umore torvo si sbrindella; la ferocia si dilava in lacrima e se solo guardi più sotto, proprio lì dietro l’ombra del capello riccio, scopri una specie di frittella intrisa nello zucchero. Sarei io: mi si può prendere, ingoiare e digerire, dolcezza morbida da mangiare distratti, quasi senza accorgersi, senza tema di restare delusi.

Lividiultima modifica: 2004-02-03T18:15:00+01:00da capecchi
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4 pensieri su “Lividi

  1. Cara gaia, grazie per i tuo commenti dall’altra parte. Ribollo anche io in queste ore, un’ondata di intransigenza e bisogno di qualità nei rapporti umani mi ha travolto. Mi scaglio contro gli ipocriti e contro i sentimentalismi comodi. Baci Momi. ps. per domenica? Si fa?

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