Mai andati

Il ragazzo dal sorriso senza discussioni e la piccola riccia sono improvvisamente sbucati fuori dall’ascensore. Seduti lì al tavolo di legno, sorridenti, è sembrato come non fossero mai andati via. E’ vero, lui aveva il pizzo e piccoli baffi, ma per il resto era identico. Lei aveva gli stessi occhi grandi e la pelle chiara. Infatti io ero ancora felice ad addormentarmi sul divano e sentire che lì accanto c’erano loro – come di luglio la notte a Cornwell. Abbiamo mangiato molto, bevuto molto, dormito poco. Non è che siamo stati troppo fuori, se si esclude qualche cena e il giro di acquisti del venerdì. Del resto, io tornavo da scuola e trovavo tortilla calda e sangria: uscire diventava un’appendice non del tutto necessaria. Il fatto è che l’estate scorsa dondola ancora nelle nostre teste come una perfetta rotonda bolla di emozioni. Allora la vicinanza basta, il sentire le nostre voci è sufficiente, toccarsi un braccio passando è quello che serve. Parole snocciolate sopra ai bicchieri e ai divani, nella solita lingua ibridata di lui, non hanno fatto che cucire insieme le nostre risate, come sempre.
Poi tutti se ne sono andati, è venuta la neve e la casa è rimasta vuota. Resto io, un Pedro Ximenez da finire e l’olio buono nella piccola damigiana di vetro.

Mai andatiultima modifica: 2005-02-22T16:20:00+01:00da capecchi
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4 pensieri su “Mai andati

  1. Quindi anche una barretta di cioccolato fondente per il vino mi auguro. E il pane buono per l’olio. E poi dormire e mangiare poco e bere il giusto. E ancora un po’ di neve.
    [rab]

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