La luna e i binari

Mi piacerebbe vedere il mio terrazzo nelle notti di luna così come uno che passasse in bicicletta sul ponte della stazione e decidesse di fermarsi per guardare in su. I terrazzi fanno tutta un’altra impressione, visti da terra; specie se sono in alto, lontani e misteriosi, immersi nella nebbia di fine novembre o riempiti da scoppi di risa e gente che balla prima che l’estate inizi.

Il mio terrazzo mi ha salvato tante volte, soprattutto in questi lunghi mesi di reclusione, quando quello che m’importava era solo arredarlo con sedie gialle o film all’aperto. Ma mi ha salvato soprattutto quando non c’era proprio nulla da salvare e io mi mettevo lì a guardare le luci nella notte, ascoltando lo stridìo dei treni sui binari, pensando e non pensando insieme al ritmo del semaforo laggiù, vicino al benzinaio. Da là sopra ho sempre visto molte cose: alberi sbattuti dal vento, uomini perduti che urlavano in lingue sconosciute alla fermata del tram, innamorati che si cercavano negli angoli o che negli angoli cercavano invece di nascondersi, per non trovarsi anche se si volevano. E poi molti capodanni con i fuochi d’artificio, le girandole, gli ugg di pelo intorno ai piedi nudi e amici che dopo mi hanno letto e non hanno capito nulla di quello che scrivevo; ma pazienza. Succede spesso così, che tu dici una cosa e l’altro capisce l’opposto, in quel crudele gioco di fraintesi che è la vita.

Quando siamo sul mio terrazzo ci sentiamo un po’ tutti come dentro Luna e Gnac, in quelle quattro pagine di perfetta malinconia urbana che ci ha apparecchiato Calvino in Marcovaldo. Io sono certo Isolina, che quando la luna brilla di più si strugge al suono di radiofoniche musiche romantiche; ma se per caso la luna è nascosta dalle insegne luminose – GNAC, per lei, NH Bologna De La Gare, per me – la radio pare “pigliare un altro ritmo, un ritmo jazz” e lei pensa “ai dancing tutti luci e lei poverina lassù sola”. E tutti abbiamo giocato almeno una volta ai briganti e a Nembo Kid, sopra il terrazzo; o abbiamo cercato di indicare a qualcun altro le costellazioni; ma soprattutto siamo stati alternativamente Fiordaligi che guarda la ragazza color di luna – color di neon dietro la finestra appena illuminata d’un abbaino o la ragazza color di luna – color di neon che è guardata nell’abbaino da Fiordaligi.  Tutta una questione di prospettive e spicchi di giallo: un attimo basta, per diventare l’uno o l’altra.

Poi stamani mentre andavo a scuola son passata proprio sul ponte sopra la stazione e ho buttato uno sguardo a destra. Fra il fumo dei comignoli e i binari ghiacciati il mio terrazzo se ne stava lì. Ho pensato che fosse un magnifico amuleto contro il tempo che passa e le stagioni che ti strapazzano e tutti quei momenti che credi finiti ma invece no. E sono stata contenta perché ho pensato che lui, il terrazzo, se ne starà sempre lassù, dove potrà al bisogno essere trovato, da chi si ricorda che esiste.

La luna e i binariultima modifica: 2020-12-01T13:43:18+01:00da capecchi
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