Il divano

Per una che è cresciuta lato Tirreno, l’alba sul mare Adriatico è imprevista e bellissima. Ti sorprende mentre pensi che in un posto in mezzo alle Marche ci potresti anche vivere; così come in un paese sperduto dell’Umbria o in qualche casetta dai colori pastello consumati dalla salsedine vicino a Marina di Castagneto Carducci. Anche se sei tutta città e monossido di carbonio – ancora, ancora, datemene ancora! – a volte ti piace immaginarti nelle vite che non hai vissuto, mentre porti un cane a correre sulla spiaggia alle otto di domenica mattina. Alternative possibili. Quelle circostanze inspiegabili per cui sbagli una volta strada, ti trovi da un’altra parte e decidi d’un tratto di fermartici per sempre.

Le giornate sono piene di momenti così, in cui si aprono porte e porte si richiudono; all’improvviso, facendoti sobbalzare di piacere o di paura. Dall’attimo in cui scegli se la mattina prendere il caffè o prepararti il tè, compi una serie di scelte che portano da qualche parte. Per esempio: metterai i pantaloni che ti hanno fatto piangere per l’esibizione jazz e invece ora no oppure l’abito nero con la fantasia rossa che ti è bastato lasciare scivolare per un attimo addosso e già era tuo? O ancora: charleston o slow lindy? Il colle dell’Infinito o il tavolino su cui Leopardi studiava? Champagne o whiskey? Insomma, non facciamo finta che sia uguale.

Per me, sceglierei gli uomini di Peaky blinders con la lama dentro al cappello e i vestiti delle donne di Madmen dai colori netti e i profili che dicono: guardami. Bisognerebbe vivere sempre così, sorseggiando whiskey alle dieci del mattino fasciate in un abito rosso fuoco; perfettamente aderente ad ogni curva e anfratto del corpo, con la cerniera dietro, lunga, che parte da quel punto di pelle bianchissima alla base del collo e scende giù, in mezzo alle scapole, e giù lungo la schiena e giù più giù, fin dove è possibile. Poi non importa che tu in realtà non vorresti mai uno che gira con la pistola in tasca facendo buchi in fronte ai nemici; il vestito rosso, però, quello sì, dovrebbe essere tuo.

Comunque quello che scegliamo e soprattutto non scegliamo fa di noi quello che siamo – o che pretendiamo di essere. Ci viviamo ogni giorno in mezzo a questo gomitolo, dobbiamo pure disbrogliarci in qualche modo. Nessuno ti dirà se fai bene o male, qual era il filo giusto da scegliere e, anzi, avrai sempre la sensazione di avere sbagliato tutto. Sicché, per non restare con in mano il filo più corto, a volte bisogna pigliare il gomitolo e andare a rufolare un po’ là in mezzo. Spettinarsi di più e pensare di meno.

Infatti. Quando in soggiorno la musica si alzerà, sarà un peccato mortale starsene lì fermi a pensare: che bello sarebbe ballare adesso. Proprio no. Che orribile spreco restare lì incastrati fra la seggiola e il tavolino e non dire: ehi, balliamo? Non importano l’ora, i vestiti, l’opportunità e lo spazio. Bastano due parole – soltanto due. Ma se non le dirai, non ci sarà un attimo, dopo, in cui non te ne pentirai.  In fondo la notte fuori è ancora troppo calda per uscire. Resta dentro, ci sarà pure un altro whiskey, un divano. Ecco. Invece di restare a guardarlo un po’ attonita, alzati, cammina come Joan Holloway e poi siediti là sopra. Aspetta a uscire finché ci saranno un buio più fitto e un’aria più fresca, così che diventerà delizioso – molto dopo – stringersi nel cappotto e nella sciarpa, sorridere, ripensare a quando hai avuto la ridicola disarmante sfrontatezza di dire: ehi, balliamo?

Il divanoultima modifica: 2020-02-25T15:15:08+01:00da capecchi
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